Gen 03 2021
Tag Archive 'altruismo patologico'
Mag 02 2020
COVID 19 – “ALTRUISMO PATOLOGICO E BAMBINI VIZIATI”
PSICO AIUTO IN QUARANTENA
sostegno psicologico in pillole per affrontare le restrizioni
In questo video spiego perché l’eccessivo altruismo può diventare patologico e in che modo si ripercuote negativamente nel rapporto con i figli.
Set 02 2017
LA CRUDELE VANITÀ DEI BUONI
La bontà ha tante sfaccettature e talvolta può riservare sorprese poco gradevoli.
Ci sono persone che nel manifestare la devozione finiscono per fare apparire gli altri come dei prepotenti.
I sintomi di questo altruismo (solo apparentemente incondizionato e inconsciamente narcisista) sono:
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un segreto senso di superiorità nei confronti delle persone amate
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la convinzione di essere indispensabili
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autocommiserazione
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vittimismo
Chi riceve questo tipo di premure vive interiormente una forte ambivalenza sentendosi contemporaneamente:
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grato… e insofferente
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importante… e inadeguato
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amabile… e prepotente
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desiderato… e insopportabile
Sentirsi amati lenisce la sfiducia nella vita regalandoci nuovi entusiasmi.
Tuttavia, nell’accettare una dedizione totale dovremmo sempre interrogarci sui costi psicologici che questo comporta.
Una bontà orientata a soddisfare soprattutto il bisogno di approvazione di chi la manifesta, infatti, può farci apparire sfruttatori e opportunisti e avere delle ripercussioni poco piacevoli sull’autostima.
Da bambini coltiviamo la speranza di un amore assoluto e perfetto, così onnipotente che nessun genitore riuscirà mai a incarnarlo totalmente.
Ecco perché, quando incontriamo una persona disposta a prendersi cura di noi anche a costo di sacrificare se stessa, le parti infantili della personalità esultano e si profondono in richieste di ogni tipo.
Succede spesso, però, che chi si prodiga senza tutelarsi stia intimamente cercando di convincere se stesso della propria bontà e inconsciamente usi gli altri per assolversi da colpe inconfessabili e rimosse.
In questi casi, la differenza tra il comportamento manifesto e il vissuto interiore suscita emozioni contrastanti di piacere e di rabbia, creando non poche sofferenze sia in chi dà sia in chi riceve.
Viviamo in una cultura che insegna a separare rigidamente il bene dal male, generando nella psiche una pericolosa dicotomia.
Nel mondo interiore, però, esiste la Totalità e bene e male sono facce inseparabili di una stessa medaglia.
Quando l’ascolto delle parti egoiste, prepotenti e aggressive è considerato inaccettabile, siamo costretti a spendere molte energie nel tentativo di preservare l’immagine immacolata cui vorremmo somigliare e, per confermare la nostra bontà, ci impegniamo a manifestare un altruismo impossibile da raggiungere, lamentando in continuazione quel doloroso sfruttamento autoimposto, quasi a rimarcarne il valore.
Sono proprio queste lamentele a far apparire dispotici e avari gli oggetti di quell’amore.
Il desiderio di migliorarsi è lodevole ma, se non rispetta il bisogno di tutelare anche se stessi, fomenta l’ingiustizia e chi è accudito si vedrà cucire addosso le vesti del prepotente mentre chi porge aiuto interpreta compiaciuto il ruolo della vittima.
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STORIE DI BONTÀ E CATTIVERIA
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Fiorella è innamorata di Nicola e desidera essere amata da lui.
Nel tentativo di piacergli asseconda tutte le sue richieste mostrandosi premurosa, compiacente e pronta a qualunque sacrificio.
È difficile resistere a quell’affascinante mix di seduzione e disponibilità e ben presto tra i due nasce una relazione intima e profonda.
Nicola cerca in tutti i modi di ricambiare la dedizione di Fiorella ma non è disposto a rinunciare totalmente a se stesso per accontentarla.
Fiorella non perde occasione per lamentare tutti i sacrifici che lei, invece, fa per lui e, sentendosi ingiustamente vittima, si chiude sempre più in se stessa.
Il clima tra loro diventa teso.
Fiorella pretende da Nicola la stessa devozione che lei offre senza risparmiarsi.
Nicola sente che per lui non è possibile rinunciare completamente alla sua vita, nemmeno per amore.
Fiorella lo dipinge come un egoista e Nicola, inadeguato e ferito, decide di chiudere la relazione.
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Da piccola, Barbara si è sentita colpevole e sbagliata.
La mamma è morta quando lei aveva solo sei anni e la nonna, con cui è cresciuta, era sempre pronta a rimproverarla facendola sentire pigra, lavativa e opportunista.
Oggi Barbara è sposata e ha un bambino che accontenta in tutto e per tutto, nel timore di fargli vivere le sue stesse sofferenze infantili.
Per dimostrare al mondo di essere una brava mamma, nonostante le accuse della nonna che ancora bruciano dentro, la donna è disposta a fare qualsiasi sacrificio.
Così, chi la conosce non perde occasione di lodare la sua abnegazione e di sottolineare a suo figlio quanto sia capriccioso.
A Barbara dispiace che il bambino sia giudicato viziato e prepotente, ma solo in questo modo riesce a esorcizzare la paura di essere cattiva e il pericolo di non saper amare nessuno, nemmeno suo figlio.
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Fausto è cresciuto in un ambiente molto esigente.
In casa tutto doveva essere fatto alla perfezione e suo padre non perdeva occasione per rimproverarlo chiamandolo: rammollito, fannullone, buono a nulla, incapace… e chi più ne ha più ne metta.
Crescendo, Fausto non è riuscito a misurarsi col mondo e, sentendosi inadeguato a svolgere qualsiasi lavoro, ha scelto una moglie forte, attiva, responsabile e pronta a farsi in quattro per lui e per la loro figlia.
Fausto ha deciso di occuparsi della bambina, rinunciando a qualsiasi autonomia per trasformarsi in un genitore a tempo pieno, perché tra le mura domestiche si sente al sicuro, protetto da una realtà esterna che lo spaventa e percepisce ostile.
Tuttavia, per rassicurare se stesso e vincere la sensazione intima di non valere niente, si lamenta in continuazione criticando la moglie.
“Sei incapace di amare tua figlia!”
“Che cosa faresti senza di me?”
“Sei attaccata ai soldi e alla carriera!”
In questo modo, sentendosi indispensabile e irreprensibile, Fausto rassicura se stesso e nasconde la paura di essere davvero un buono a nulla.
Carla Sale Musio
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Apr 13 2016
Come amano i creativi: ALTRUISMO NO STOP
Chi possiede una Personalità Creativa é interessato ai bisogni degli altri, sensibile, accomodante e disposto a sacrificarsi per il bene comune.
Tuttavia, deve stare attento a non lasciarsi trascinare dalle necessità altrui perché, dimenticandosi delle proprie esigenze, sacrifica l’equilibrio emotivo.
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EMOZIONI PERICOLOSE
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Pietro gestisce una bella palestra nel centro storico della città e conduce una vita ricca di soddisfazioni e di amicizie.
Ma, nonostante i ritmi indaffarati che riempiono le sue giornate, ogni tanto la solitudine morsica il cuore e si ritrova a piangere un fiume di lacrime solitarie.
È uscito da più di un anno da un rapporto importante e si considera ormai single per vocazione quando, all’età di circa quarant’anni, s’innamora di Simone.
Premuroso e sollecito, Simone esprime il suo affetto soprattutto in cucina e imbandisce per lui ogni genere di manicaretti, coccolandolo con i cibi e conquistandolo con i suoi modi materni.
Infatti, Pietro, che è orfano di entrambi i genitori, nella vita si è dovuto abituare presto a cavarsela da solo e trova nelle attenzioni di Simone il rifugio e la protezione che gli mancano da sempre.
Mentre Pietro si lascia conquistare dalle pietanze di Simone; Simone, che pure è affascinato dalla sua poliedrica creatività, appare poco partecipe e distante davanti all’energia degli entusiasmi di Pietro.
Per lui le passioni hanno sempre costituito un rischio da evitare con cura.
La scarsa attenzione di Simone per gli stati d’animo (propri e degli altri) inizialmente rassicura Pietro, a cui sembra così di essere protetto dall’intensità delle sue stesse emozioni.
Ma ben presto l’apatia di Simone comincia a farlo sentire insofferente e nervoso e, nel tentativo di coinvolgerlo, Pietro confida a Simone le angosce che a volte lo tormentano nei momenti di solitudine.
Simone, però, evita il dialogo trincerandosi dietro a una prigione di luoghi comuni:
“Stai male? Avanti, non farne un dramma. Tutti hanno i loro problemi.”
“Ti senti solo? Ma cosa dici! Non puoi sentirti solo. Conosci un sacco di gente!”
“Insicuro tu? Dai, non farmi ridere!”
In breve tempo il muro dell’apatia emozionale di Simone rende Pietro insoddisfatto e ansioso.
Simone disprezza sistematicamente i suoi interessi e le sue proposte, vuole soltanto vagabondare per i locali, commentando i vestiti e gli amanti degli altri e lamentandosi per la noia che sembra consumare la sua vita.
Percependo che la monotonia nell’esistenza di Simone è frutto della sua sordità emotiva, Pietro spinge al massimo il volume dei propri sentimenti, diventando sempre più passionale, irascibile, impulsivo e geloso e alimentando in questo modo le critiche e il disprezzo da parte del compagno, in un parossismo di passione e incomprensione cui diventa difficile sottrarsi.
Quando infine approda alla terapia, si sente intrappolato in un circolo vizioso di delusione e dipendenza.
Piange per un nonnulla, è geloso fino a perdere le staffe e spaccare tutto ciò che gli capita a tiro, implora Simone di vivere con lui ma subito dopo lo supplica di lasciarlo, ha paura degli altri e non riesce più a stare solo.
Vorrebbe allontanarsi da Simone, che giudica troppo diverso e lontano da sé, eppure cerca di smuoverne l’inerzia emozionale amplificando i propri sentimenti in un crescendo che spaventa lui stesso.
Il percorso che affronteremo insieme lo aiuterà a riconoscere dentro di sé l’empatia che muove quei comportamenti esagerati e il dono di impulsività che istintivamente e inconsciamente offre a Simone, nel tentativo di aiutarlo a riprendere contatto con le emozioni rimosse.
Un dono talmente generoso da minare l’equilibrio emotivo di Pietro e da rendere impossibile proprio quella reciprocità che egli tenta di costruire, inutilmente.
Carla Sale Musio
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Feb 24 2012
STORIE DI ORDINARIA SOTTOMISSIONE
Il bisogno di approvazione e riconoscimento spinge talvolta ad accettare compromessi, che limitano l’identità personale in favore di un’identità sociale più conforme al modello di personalità che gli altri si aspettano di vedere in noi.
Lo stereotipo del femminile dipinge una creatura dolce e fragile, sempre bisognosa di tutela e protezione da parte dell’uomo.
Quest’immagine, molto lontana dalla realtà delle donne di oggi, sopravvive ancora nell’inconscio o nell’immaginario di alcuni insospettabili maschi emancipati e moderni.
Nonostante il femminismo, le pari opportunità e la necessità di aver due stipendi per sostenere una famiglia… ci sono uomini che legano la propria virilità alla realizzazione economica e sociale, finendo per sentirsi poco mascolini di fronte a una figura femminile più affermata di loro.
È per questi motivi che alle donne può capitare di fingersi meno di quello che sono, o addirittura di limitare la propria realizzazione per non fare ombra ai maschi importanti della loro vita (mariti, fidanzati, padri, fratelli e via dicendo).
Ragazze, giovani e meno giovani, occultano o minimizzano i propri risultati positivi e si mostrano meno di quello che invece sono, per non creare insicurezza e non essere allontanate o, peggio, umiliate a causa dei loro successi.
Mostrarsi meno è un meccanismo che, spesso, agisce in modo automatico, senza che ci sia consapevolezza, né una reale volontà, da parte di chi lo mette in atto.
Può bastare uno sguardo, un ascolto mancato o una battuta di troppo per segnalare la rivalità e spingere una donna intelligente a non condividere più la propria realizzazione o addirittura a reprimerla in se stessa.
Nella mia professione, purtroppo, ho incontrato tante donne meno.
Donne che si sforzano di non fare vedere le loro qualità, che adombrano o sminuiscono i propri talenti, che cercano di non irritare con il proprio valore, le persone cui vogliono bene.
Signore e signorine che mostrano di essere meno.
Meno di tutto quello che hanno conquistato al prezzo di fatica e sacrifici.
Meno intelligenti, meno affermate professionalmente, meno abbienti, meno amate, meno sensibili, meno attente, meno… di tutto ciò che sono davvero.
Meno buone e meno brave, pagano il prezzo di un’apparente mediocrità (professionale o affettiva) pur di non affrontare la colpa di essere diverse da come gli altri le hanno immaginate.
Hanno imparato a nascondere se stesse per sopravvivere in un mondo che ha bisogno di negare l’emotività e la creatività, disconoscendone costantemente il valore.
Donne capaci di fingersi incapaci, pur di sentirsi amate.
DONNE meno…
Wanda è un affermato dirigente d’azienda. Guadagna più del marito e può permettersi un tenore di vita agiato. Viene da me per una grave insonnia che la tormenta da qualche tempo.
(Guarda caso… da quando ha ricevuto una proposta di lavoro che la porterebbe a viaggiare spesso in tutto il mondo)
“Il lavoro è interessante, ma non lo posso proprio accettare!”
Racconta con gli occhi lucidi, cercando di convincere se stessa.
“Mio marito ne morirebbe! Non basta il fatto che guadagno più di lui… dovrei anche partire tutti i mesi e stare via per una settimana. Non se ne parla proprio! Se devo scegliere tra la carriera e il matrimonio, scelgo il secondo. Per me gli affetti sono la cosa più importante nella vita.”
* * *
Lucrezia ha studiato lettere antiche per accontentare i genitori ma il suo sogno sarebbe aprire una pasticceria.
“Adoro fare i dolci! Ma non dolci qualsiasi, dolci particolari e raffinati. Dolci adatti alle occasioni speciali!”
Mi guarda illuminandosi.
“I dolci sono la mia arte. Quando posso seguo corsi di alta pasticceria e ultimamente ho preso contatto con i gestori di un locale elegante e molto conosciuto in città. I miei capolavori sono piaciuti e così è iniziata la collaborazione: preparo i dolci per le serate a tema!
Questo lavoro mi piace da morire, però devo stare attenta a non farmi sfuggire neanche una parola con papà. L’idea che io possa guadagnare dal mio hobby (come lo definisce lui) lo farebbe andare su tutte le furie!”
* * *
Cristina si è laureata con il massimo dei voti a distanza di qualche giorno da suo fratello Mauro. Entrambi sono diventati ingegneri ma, mentre Mauro farà una grande festa per celebrare la conclusione dei suoi studi, Cristina non da nessuna importanza alla sua laurea che è passata sotto silenzio con tutti.
“Come mai non fa una festa anche lei?”
Domando sconcertata da tanta disparità di trattamento.
“No, no, dottoressa, mi creda, è meglio di no! Mi sento già abbastanza in colpa per aver preso un punteggio più alto di mio fratello, se poi mi mettessi anche a festeggiare… diventerebbe proprio un’ostentazione! Preferisco non dare troppa importanza alla mia laurea. Del resto, io ero fuori corso da qualche anno e invece Mauro, che è più piccolo di me, si è laureato rispettando perfettamente i tempi universitari. Il genio negli studi è solo lui!”
* * *
Wanda, Lucrezia, Cristina e tante altre. Donne meno.
Sono capaci di rinunciare al successo per non ferire.
Sono capaci di mostrarsi ordinarie per scelta.
Sono capaci di occultare il dolore e sopportare di non sentirsi amate come sono.
Il cuore compie grandi gesti.
Con noncuranza.
Carla Sale Musio
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LA PERSONALITÀ CREATIVA
scoprire la creatività in se stessi per trasformare la vita
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Dic 15 2011