SCHIAVISMO MODERNO

Si definisce schiavismo un sistema (economico e sociale) basato sulla schiavitù, cioè sul possesso e sullo sfruttamento dei popoli o degli individui.

Al giorno d’oggi guardiamo con orrore allo schiavismo, convinti si tratti di una pratica primitiva e ormai obsoleta.

Ignoriamo che lo schiavismo si è perfezionato, raggiungendo nel tempo forme sempre più adulterate.

Se in passato, infatti, la schiavitù era imposta con la forza, attualmente si conquista con la persuasione, lasciando credere ai moderni schiavi di poter scegliere.

La scelta in questione, tuttavia, riguarda sempre vantaggi effimeri se confrontati con la perdita della libertà.

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IN UN MONDO SANO OGNI INDIVIDUO DOVREBBE ESSERE IL PADRONE DI SE STESSO

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Nello schiavismo, invece, le persone diventano proprietà di qualcun altro che le gestisce imponendo la propria volontà.

Lo schiavista ha diritto di vita e di morte sugli schiavi.

E in passato questo era palese, mentre nel presente è la conseguenza di un’impossibilità a sopravvivere in mancanza dello schiavista.

Impossibilità che spinge gli schiavi a scegliere la schiavitù, rendendola invisibile.

Scegliere di rinunciare alle proprie aspirazioni per continuare a vivere, infatti, non rappresenta la libertà.

Soprattutto quando questa scelta appare l’unica possibile.

La convinzione di avere più possibilità occulta abilmente la schiavitù dietro l’apparente molteplicità di opzioni.

Tutte volte a proteggere gli interessi dello schiavista.

Così, paradossalmente, possiamo scegliere di dipendere da una multinazionale farmaceutica, da una catena di supermercati o da uno store on line.

Ma, qualunque sia la scelta, occorrerà rinunciare all’iniziativa personale per adeguarsi alle esigenze dell’organizzazione e ricevere in cambio la retribuzione.

Retribuzione con cui potremo acquistare i beni prodotti, incrementando ulteriormente i profitti dello schiavista.  

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IL MITO DEL POSTO FISSO

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Il mito del posto fisso è la più grande forma di schiavismo mai esistita.

Dietro la necessità di lavorare alle dipendenze di qualcuno che garantisce la sopravvivenza (grazie allo stipendio) si nasconde una manipolazione della libertà individuale e una perdita (quasi) totale dell’autonomia personale.

Vendere al migliore offerente la propria energia e il proprio tempo in cambio del denaro significa (quasi sempre) rinunciare all’espressione e alla creatività che caratterizzano l’unicità di ciascuno, abbandonando la missione che siamo venuti a svolgere nel mondo.

In questo modo i soldi costituiscono l’unico obiettivo della scelta lavorativa, mentre la manifestazione dei talenti individuali perde completamente d’importanza.

Tutto ciò che non è funzionale allo sviluppo economico dei pochi che gestiscono i molti, infatti, è bollato con lo stigma dell’inutilità e perciò censurato.

Il lavoro si trasforma così in uno sterile approvvigionamento economico, ben lontano dal piacere interiore che spinge a realizzare la propria creatività nella relazione con gli altri.

Siamo cresciuti col mito del posto fisso: unica garanzia di una vecchiaia serena!

E abbiamo perso di vista che la serenità deriva dall’espressione della nostra unicità nella vita di tutti i giorni.

Fare quello che ci coinvolge e ci riesce bene permette di non stancarsi e di godere il benessere che deriva dall’esercizio dei propri talenti.

Senza aspettare le ferie, la pensione o la domenica per potersi (finalmente!) dedicare a se stessi.

Quando lavorare ci piace e ci appassiona, la soddisfazione prende il posto della fatica e il desiderio di far bene è inevitabile.

Al contrario, quando le mansioni lavorative riguardano la supremazia di qualcun altro, la noia e la frustrazione la fanno da padroni mentre la depressione spinge a trovare una compensazione nell’evasione (da sé e dalla vita).

Il mito del posto fisso rivela con chiarezza l’evoluzione moderna dello schiavismo.

E racconta l’inganno, ottenuto grazie alla manipolazione culturale e al ricatto economico, con cui ci siamo diventati proprietà di chi paga il nostro (tanto desiderato) stipendio.

Stipendio ben lontano dal guadagno che consegue alla libera espressione di sé.

Stipendio che incatena sempre di più al mondo dei consumi.

Stipendio che imprigiona e sancisce la schiavitù.

Carla Sale Musio

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