COLTIVARE LA DIVERSITÀ

COLTIVARE LA DIVERSITÀ

Un mondo nuovo può prendere forma soltanto grazie alla riflessione sugli errori che ci hanno portato a vivere in questa nostra società malata. 

Come psicologa verifico ogni giorno quanto il benessere e l’appagamento non derivino dalla competizione e dal possesso dei beni materiali ma siano la conseguenza di un’accettazione profonda di sé e degli altri. 

Accettazione che nasce all’interno di relazioni sane e costruttive.

Da un punto di vista etologico, l’uomo è un animale sociale e per vivere ha bisogno di sentirsi parte di una comunità.

Tuttavia, per consolidare questa appartenenza, la società deve permettere a ciascuno di manifestare il proprio modo di essere.

Coltivare la diversità.

Valorizzare le differenze.

Esprimere la creatività e l’unicità individuale.

Sono queste le risorse che ci permettono di vivere in pace e di evolvere senza traumi.

COLTIVARE LA DIVERSITÀ

Ognuno di noi è portatore di un proprio modo di essere grazie al quale mostra agli altri nuove vie di espressione e conoscenza.

Questa poliedricità è una ricchezza importante che va salvata e valorizzata.

La competizione e la prepotenza non creano benessere o salute nei membri di un gruppo.

Al contrario! Sono funzionali alla soddisfazione dei pochi che gestiscono il mondo, e allo schiavismo dei molti che subiscono senza potersi ribellare.

Dividi et impera (dividi e comanda) è una locuzione latina utilizzata per indicare il migliore espediente della tirannide volto a controllare e governare un popolo (ovvero dividerlo in più parti in modo da provocare rivalità e fomentare discordie tra esse).

Un mondo sano si fonda sulla cooperazione, sulla solidarietà e sull’inclusione. 

Non ha bisogno di soldatini ubbidienti ma di creativi intelligenti.

La creatività è per definizione originale e sempre diversa. 

Apre innumerevoli possibilità e stimola il cambiamento.

L’UMANITÀ HA BISOGNO DI VARIETÀ NON DI OMOLOGAZIONE

Coltivare la diversità vuol dire permettersi di cambiare e sperimentare nuove possibilità di essere.

Vuol dire gestire anche le parti di noi che non ci piacciono.

Conduce ad evolvere gli aspetti immaturi della psiche, accettando il dialogo, il confronto e coltivando la libertà. 

Dapprima dentro se stessi e poi nelle relazioni col mondo.

Ma tutto questo può avvenire soltanto quando avremo smesso di delegare ad altri le nostre scelte, quando ognuno prenderà su di sé le responsabilità della propria vita e del proprio modo di vivere, quando l’ascolto e la riflessione diventeranno un’abitudine comune e non saranno più giudicati un’inutile perdita di tempo.

Perché il tempo non è una funzione del guadagno e dello sfruttamento ma un’occasione per condividere i saperi.

Quelli di tutti.

E non solo di chi comanda. 

Carla Sale Musio

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