CONSUMISMO E SCHIAVISMO

I soldi muovono il mondo e per i soldi facciamo innumerevoli sacrifici, convinti che in cambio di tanta fatica guadagneremo la possibilità di soddisfare i nostri desideri acquistando le cose necessarie a vivere felici.

Lavorare, guadagnare, comprare, spendere … e lavorare ancora.

È un cerchio che si ripete senza soluzione di continuità, nella convinzione che:

se lavoriamo di più potremo comprare di più.

Questo stile di pensiero porta a sacrificare il tempo libero, gli affetti, lo stare insieme e i momenti teneri, per ottenere il denaro indispensabile per comprare proprio quelle cose.

La trappola del consumismo è organizzata bene,

in cambio del tempo e della fatica promette il benessere.

Ma il benessere è uno stato d’animo. 

Non si può comprare. 

Va coltivato interiormente e si raggiunge grazie a uno stile di vita attento ai bisogni interiori. 

La felicità prende forma dalla capacità di dare valore a ciò che non si vede (e non si può acquistare).

L’amore e il senso di appartenenza alla natura (quell’essere spontaneamente se stessi in armonia con la vita) sono gli ingredienti fondamentali per un’esistenza appagante.

E si raggiungono grazie a un’attenzione rivolta al mondo intimo, ascoltando ciò che si muove dentro e non spostando costantemente lo sguardo all’esterno. 

L’esaltazione della concretezza ci ha privato della sensibilità e questo crea innumerevoli sofferenze.

Consumare in maniera smodata ha ridotto le nostre percezioni naturali focalizzandoci esclusivamente sui bisogni dell’economia.

E portandoci a trascurare tutti gli altri sensi di cui la natura ci ha dotato.

Primo fra tutti il senso del piacere.

Il piacere non deriva da un accumulo di beni materiali e nemmeno dalle comodità.

Il piacere si conquista dando forma alle nostre propensioni naturali.

Detto in altre parole: fare le cose che ci piacciono suscita il senso del piacere e ci fa sentire bene, in accordo con la natura e con la vita.

Questo stato d’animo attiva il sistema immunitario, protegge dalle malattie, induce nel corpo un grande benessere e dà significato all’esistenza.

La mancanza di piacere, invece, è il preludio della depressione, rende debole l’organismo e apre la porta alle malattie, facendoci sentire inutili e vuoti.

Tuttavia, è proprio il vuoto interiore il deterrente del consumismo.

Infatti, per riempire quel vuoto finiamo per comprare gli oggetti proposti dal mercato e per farlo dobbiamo guadagnare sempre di più e lavorare sempre di più.

Questa trappola psicologica, gestita abilmente dalle pubblicità e dai bisogni delle multinazionali, ci porta a credere di poter guarire un malessere interiore grazie al possesso di beni materiali (che, invece, ci allontanano sempre più da noi stessi ingigantendo proprio quella mancanza che vorremmo colmare).

Consumare ci ha reso consumatori privandoci del nostro essere umani.

L’umanità è un modo di sperimentare la vita fatto di creatività, empatia, comprensione e condivisione.

Ci porta a cooperare, aiutarci, rispettare, trasformare e riciclare (noi stessi e i nostri oggetti), anziché buttare e comprare, senza alcuna cura per ciò che abbiamo intorno.

Il sistema economico in cui viviamo spinge a produrre e comprare sempre di più. 

Ma chiude la mente dentro un’eccessiva materialità allontanandoci proprio da quel benessere che ci viene promesso.

In questo modo il consumismo rende schiavi.

Perdere il contatto con il mondo invisibile dei sentimenti significa perdere il senso della vita e crea una prigione mentale dalla quale è (quasi) impossibile uscire.

Liberarsi dalle catene del consumismo presuppone una consapevolezza dolorosa quanto potente, capace di mettere a nudo l’urgenza del nostro essere umani, quella sensibilità che ci spinge all’aiuto reciproco, alla cooperazione, al rispetto e allo scambio delle risorse.

Si tratta di qualità derise dalle mode del momento ma capaci di restituire valore all’empatia, alla fratellanza e a tutte le cose che forse non producono soldi ma fanno sentire bene.

E aprono la strada all’amore.

Una strada capace di guidarci verso una società nuova, fatta di ascolto reciproco e di attenzione al benessere di ciascuno, in cui si vive per conoscersi e condividersi e non per vendersi al migliore offerente.

Una società buona, libera e in pace.

Carla Sale Musio

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