LA FATA

LA FATA

Caldissima quella sera d’estate.

I passanti rasentano i muri, cercando l’ombra che più tardi si sarebbe ampliata, regalando ristoro.

Lei si appresta a rientrare: qualche compera e poi il riposo domestico.

L’andare distratto sul marciapiede, pensieri vaganti, un senso di calma pacata.

Poi, qualcosa per terra: un ramo di pianta grassa, caduto da un balcone e schiacciato da qualcuno.

***

A lei dispiaceva che le piante soffrissero. Era certa che anche a loro appartenesse il dolore ed evitava persino di calpestare i fiori spontanei, lungo i margini delle strade.

***

Si china e raccoglie il ramo: le foglie più grandi, schiacciate dalla suola del passante, appaiono umide e sfatte, ma le piccole sono salve.

“Forse sarà possibile rimediare”, pensa.

 E a casa un bicchiere d’acqua fresca accoglie il ramo.

***

Viveva per conto suo da tempo, ma non soffriva la solitudine: aveva raggiunto una calma placida che le donava giorni sereni.

All’amore non pensava più né avrebbe ancora potuto soffrire per qualcuno o attendere telefonate che tardassero ad arrivare.

E non avrebbe saputo ricomporre litigi.

***

Quella notte si sveglia e va in cucina a bere dell’acqua, ma rimane colpita: nel bicchiere che ha accolto il ramo, appare una luce azzurra.

Lei guarda con attenzione e si stupisce profondamente.

Tra le foglie della pianta risplende un essere luminoso.

Impossibile, lei pensa, ma quella che vede sembra proprio una fata.

Minuscola e azzurra, agita piano le ali e piange.

LA FATA

La donna pensa di sognare, ma la fata si rivolge a lei.

“La piantina mi ospitava, quando ero stanca”, le dice.

“Poi il ramo, spezzato, è caduto al suolo. Nascosta tra le foglie,

non ho potuto volare.

E la suola di un passante mi ha lacerato le ali.

Mi tieni con te, finché non guarirò?”

***

Lo stupore impedisce quasi alla donna di respirare: ma, davanti a quella fata minuscola e piangente, è sconfitta dalla tenerezza.

Allora promette di occuparsi di lei, finché non sarà guarita.

E si ricorda di quando, da bambina, credeva che le fate avrebbero salvato il mondo.

***

Nei giorni seguenti, la consola tornare a casa e guardare subito dentro il bicchiere: anche le foglie grandi riprendono vita, mentre la fata dorme di giorno e di notte splende d’azzurro.

Lei si avvicina a quell’essere luminoso poi, quando c’è la luna, sposta il bicchiere vicino alla finestra: e rimangono tutt’e due in silenzio, con gli occhi fissi al cielo.

***

Lentamente le ali guariscono: si muovono con più forza.

A breve, potranno volare.

La donna guarda ammirata il loro aprirsi e chiudersi: e si chiede quanto ancora la fata potrà stare con lei.

***

Ma, in tutto quel tempo, ha riscoperto la gioia di trovare chi l’aspetta a casa.

***

Ormai le ali sono guarite, compatte e forti.

Il momento è giunto: lei prende la fata tra le mani e la porta in balcone.

È una notte di luna piena: e prima di levarsi in volo, le ali colorate sfiorano la donna sulla fronte, dove la bocca minuscola della fata posa un bacio, come una benedizione.

Un attimo, poi quell’essere luminoso sparisce nel chiarore della luna.

LA FATA

***

“È stato bello”, lei pensa . “Un dono”.

***

La mattina successiva, al risveglio, sente in cucina un suono strano: si avvicina e guarda con attenzione e stupore.

Vicino al bicchiere dove la pianta ha ripreso forza in tutte le sue foglie, c’è qualcosa di piccolo e morbido, che si muove piano.

“Non è possibile”, dice.

***

Poi prende tra le mani un gatto minuscolo, colorato come quello che tanti anni prima l’aveva accompagnata sino alla morte di lui: il più grande dolore della sua infanzia.

Accanto al gatto un libro di fiabe, quello che leggeva da bambina e che aveva perso da tempo.

***

Un libro in cui si raccontava che le fate avrebbero salvato il mondo.

Gloria Lai

 Opera tutelata da Patamu.com  del 21/2/2024 n° 220471

 

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