Apr 01 2021
LOCKDOWN: la depressione imposta per legge
A distanza di un anno…
Ripropongo questo articolo del 4 maggio 2020 ma ancora tristemente attuale.
***
Il lockdown ha imposto a tutti l’isolamento.
Improvvisamente ci si è ritrovati a vivere ventiquattro ore su ventiquattro confinati nel proprio appartamento, senza altri contatti umani che quelli con i conviventi (persone o animali).
La socializzazione virtuale, fino a poco tempo prima demonizzata e tacciata di patologia (narcisistica ed evitante) è diventata l’unica forma di relazione permessa.
Le passeggiate, lo sport, la vita all’aria aperta e il rapporto con la natura sono stati proibiti.
Gli abbracci, i baci, le carezze e qualunque altro tipo di avvicinamento fisico (compreso quello medico) sono diventate pericolose fonti di contagio, potenziali portatori di una morte terribile.
Le uscite (permesse soltanto per comprovate esigenze di sopravvivenza e rigorosamente muniti di autocertificazione) si sono trasformate in esperienze ansiogene, spesso male interpretate dalle forze dell’ordine e punite con multe salatissime.
La perdita del lavoro, della privacy e della libertà individuale, ha assunto la forma di misura salvavita, auspicata e necessaria per il benessere della collettività.
La solitudine, l’isolamento e la mancanza di contatti umani sono assurte a misure di protezione e responsabilità sociale.
La depressione, definita dal DSM-5 una malattia grave e perciò da guarire, ha preso le sembianze della cura e dell’impegno etico nei confronti degli altri.
In seguito a tutto questo, attualmente tante persone mostrano i segni di un disturbo depressivo insidioso e terribile.
Ma, quando è imposta dalla legge, la depressione diventa inguaribile.
E come psicoterapeuta sento l’esigenza di fare una riflessione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha valutato la depressione come una delle malattie più invalidanti al mondo e con un costo sociale elevatissimo.
Il disturbo depressivo, definito anche depressione maggiore, depressione endogena o depressione unipolare, è stato inserito nel 1980 all’interno del Manuale Statistico E Diagnostico dei Disturbi Mentali che oggi è alla sua quinta edizione (DSM-5).
Si tratta di un disturbo dell’umore caratterizzata da profonda tristezza, calo della spinta vitale, perdita di interesse verso le attività quotidiane, pensieri negativi e pessimistici.
Questa patologia coinvolge la sfera affettiva e cognitiva e i suoi aspetti tipici sono:
-
lo scoraggiamento,
-
la perdita di interesse verso le normali abitudini di vita,
-
l’ansia,
-
la disperazione per se stessi e per il futuro,
-
la sensazione di vuoto interiore,
-
la sfiducia e le aspettative negative nei confronti degli altri.
Secondo quanto scritto nel DSM-5: la riduzione delle attività quotidiane, la perdita di piacere nel fare qualsiasi cosa (anedonia), la perdita di interesse (apatia) e la sensazione di stanchezza cronica portano il soggetto a ridurre gradualmente tutte le occupazioni e i contatti sociali, determinando una chiusura al mondo e alla vita.
E proprio questa perdita progressiva e costante del piacere di vivere generà la disabilità, percepita (“non sono più in grado di fare le mie cose”) e reale.
A livello somatico sono presenti:
-
stanchezza cronica,
-
dolori diffusi,
-
problemi gastro-intestinali,
-
alterazione del ritmo sonno-veglia,
-
aumento o diminuzione del sonno notturno,
-
variazioni nelle abitudini alimentari (con aumento o diminuzione dell’appetito),
-
riduzione del desiderio sessuale o altre problematiche relative alla sfera sessuale.
Come spiega il DSM-5: il progressivo e graduale abbandono di tutti i contatti sociali ha per risultato un ulteriore peggioramento della depressione.
Leggendo il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali salta agli occhi che le misure restrittive imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria hanno prescritto a tutti la sintomatologia della depressione:
-
nessun contatto sociale,
-
nessuno scambio affettivo e fisico,
-
nessuna attività al di fuori delle mura domestiche,
-
nessuna possibilità di muoversi all’aria aperta e di fare esercizio fisico,
-
nessuno stimolo nuovo,
-
nessuna possibilità di reagire all’apatia.