L’ATTACCO DI PANICO

L’attacco di panico è un sintomo apparentemente pazzo che ci spinge a vivere sensazioni fisiche di morte imminente senza alcun riscontro dal punto di vista medico.

Le persone che ne sono vittime si sentono estraniate dal controllo sulla propria vita, preda di un qualcosa che le lascia impotenti e sole, incapaci anche di spiegare ciò che sta accadendo.

L’attacco di panico è il sintomo del malessere psicologico degli anni duemila (nel novecento c’era la depressione, nell’ottocento c’era l’isteria) e segnala la perdita di contatto con la propria realtà interiore, il mancato ascolto delle paure e dei bisogni profondi.

È un campanello d’allarme che indica la necessità di apportare dei cambiamenti nel proprio stile di vita e ci ricorda in modo criptato che siamo venuti al mondo per dare espressione ai nostri talenti e per donare agli altri la nostra unicità.

L’attacco di panico è un sintomo creativo.

Così creativo che i medici non riescono a definirne una tipicità.

E indica la mancanza di creatività.

Infatti, quando la creatività non trova sbocchi nella quotidianità si esprime nell’unico luogo rimasto a sua disposizione: il corpo.

E lo fa producendo dei sintomi creativi, cioè diversi per ognuno.

La cura di questa problematica non può essere una pillola prescritta dal medico ma passa attraverso l’ascolto del mondo intimo e la ricerca dei propri bisogni inespressi.

Nell’intimità di noi stessi, infatti, coltiviamo il desiderio di manifestare la nostra originalità, ciò che ci rende unici e speciali, diversi da chiunque altro.

Pretendere di livellarci dentro uno stile di vita che non rispecchia le scelte personali soddisfa l’esigenza di ricevere approvazione e stima da parte delle persone a cui vogliamo bene.

Tuttavia, non basta a garantirci la salute e la realizzazione.

Come esseri umani abbiamo bisogno di affiancare all’appartenenza anche l’espressione individuale delle potenzialità che ci caratterizzano.

La diversità non è uno stigma sociale volto a etichettare le persone che non si conformano agli standard condivisi dalla maggioranza.

La diversità è la capacità di interpretare la vita in modi nuovi e serve a permetterci di condividere con gli altri i doni che siamo venuti a portare nel mondo.

Spesso dietro un attacco di panico si nasconde il livellamento della propria autonomia.

E la guarigione arriva nel momento in cui si aprono strade nuove all’espressione di sé.

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STORIE DI PANICO E DI AUTONOMIA

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Marco lavora in una sartoria.

Il lavoro gli piace e, già da tempo, segue alcuni clienti in totale autonomia.

Il datore di lavoro lo stima e si complimenta con lui, lo considera il suo braccio destro e, spesso, gli confida anche le proprie problematiche personali.

Tra i due nasce una profonda amicizia che bypassa la differenza d’età e li spinge a vivere momenti di grande solidarietà.

Ultimamente, però, Marco sente il desiderio di avere uno spazio espressivo solo suo e vorrebbe aprire un proprio atelier.

Tuttavia, il pensiero di deludere l’amico non lavorando più per lui lo porta a rinunciare ai suoi progetti.

Teme di perdere quell’amicizia così bella e costruita con tanta dedizione.

Quando arriva nello studio di uno psicologo il disagio è fortissimo e gli attacchi di panico non gli permettono nemmeno di guidare la macchina, perciò è costretto a farsi accompagnare dai suoi genitori o a uscire di casa diverse ore prima per arrivare in orario utilizzando i mezzi pubblici.

Nel corso dei colloqui emerge il conflitto tra l’autonomia lavorativa tanto ambita e la paura di distruggere un legame affettivo costruito nel tempo. 

Soltanto dopo aver affrontato il proprio bisogno di espressione individuale e aver accettato di mettere a rischio l’amicizia, confidando all’amico i progetti lavorativi, Marco riuscirà a superare quella paura così invalidante da bloccare la sua carriera e la sua vita.

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Sonia convive da diversi anni con il suo compagno.

Nel tempo, però, la loro storia d’amore è diventata una sorta di emergenza emotiva sempre in allarme rosso.

E Sonia si è trasformata nell’infermiera dell’uomo che un tempo le faceva battere il cuore a mille.

Le paure di lui, i turbamenti, le insicurezze… sono l’argomento principale delle loro giornate e la donna nel tentativo di aiutarlo a ritrovare il gusto di vivere rinuncia a tutte le attività.

Ultimamente, però, sente di non farcela più e sogna una casa sua dove potersi dedicare ai tanti interessi che l’appassionano e che in passato hanno reso ricca e appagante la sua vita.

Tuttavia, il solo pensiero della separazione la fa sentire egoista e priva di sensibilità.

Come potrebbe abbandonare il partner con cui fino ad oggi ha condiviso la vita, sapendolo così fragile e bisognoso di lei?

Invano tenta di convincerlo a chiedere aiuto ad uno psicologo, lui non ne vuol sapere.

Gli basta la sicurezza di averla affianco per convincersi che presto tutto si risolverà.

Il tempo passa… e… un giorno dopo l’altro il panico attanaglia la vita di Sonia che, vittima di un’inspiegabile tachicardia parossistica, passa da un medico all’altro senza riuscire a trovare soluzioni.

Quando, infine, approda in terapia racconta di non farcela più: il suo cuore batte all’impazzata, le membra diventano molli, le orecchie ronzano e le sembra di morire da un momento all’altro… senza soluzione di continuità.

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Marina ha trent’anni e i suoi genitori sono molto anziani.

Nata a dispetto di una diagnosi di infertilità la giovane donna è il miracolo che ha illuminato la vita di mamma e papà, la figlia amata e desiderata più di ogni altra cosa al mondo.

Marina sa di essere importante per sua famiglia ed è riconoscente ai genitori per tutto l’amore che le hanno donato in quei trenta bellissimi anni.

I suoi bisogni sono sempre stati ascoltati, capiti e soddisfatti; le passioni assecondate; le amicizie accolte.

E quando si è trattato di mettere dei paletti alle sue richieste è stato fatto con dolcezza, per il suo bene o per l’impossibilità materiale di accontentarla.

Insomma, Marina ha vissuto nella famiglia che ogni figlio vorrebbe avere!

E, anche se non ci sono stati dei fratelli, gli amici hanno sempre avuto uno spazio importante, compensando la solitudine e il bisogno di condivisione.

Apparentemente nulla motiva quel panico che la paralizza impedendole di uscire di casa per svolgere il lavoro che ama e che ha scelto con tanta passione: il medico.

Marina si interroga… ma non si spiega cosa non stia funzionando nella sua vita.

E dopo aver consultato decine di colleghi decide finalmente di chiedere aiuto ad un professionista.

Nel corso dei colloqui l’amore prenderà forma e infine svelerà a Marina il conflitto indicibile tra il bisogno di accompagnare i genitori nella vecchiaia e il desiderio di trasferirsi all’estero per proseguire i suoi studi e le sue ricerche.

Difficile ricambiare le cure che ha ricevuto senza tradire il suo impegno per risolvere i problemi che ammalano l’umanità!

Marina vuole bene al mondo e ama i suoi genitori… ma… per superare quei fastidiosi attacchi di panico dovrà fare spazio anche alla sua creatività e all’autonomia che la caratterizza.

Carla Sale Musio

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