IL VELO


Tanti si recavano da lei: uomini, donne, ragazze, vecchi esitanti, bambini accompagnati dalle madri.

Con loro era più dolce, con quei bambini che gli toglieva dalle braccia, lasciando le madri affrante.

Permetteva che li baciassero ancora, prima di sottrarli per sempre.

Ed era dolce con gli animali: le si arrendevano miti, in un sussulto di speranza.                                                                              

Molti avevano cercato di capirla, di sedurla, di possederne i segreti.

Tanti chiedevano perché.

Uomini di cultura la sfidavano, ponevano domande antiche, ma non ottenevano risposta. Opponeva ai loro quesiti angosciosi un silenzio ostinato.

Allora chinavano il capo sconfitti e chiedevano almeno di non soffrire.

Non rispose mai.

Non avrebbe saputo cosa dire.

Era la morte, superba della propria potenza.

E disperatamente sola.

***

Eppure lei sapeva che in un tempo lontano il dolore non esisteva.

Non esistevano la sofferenza, la malattia, la tristezza.

Tutto era solo amore, liquido come mare e fiumi, ventoso come nuvole estive, bianco come la  neve nei monti lontani.

E sulla perfezione del mondo, splendeva la luce abbagliante del sole.

***

Poi, d’ improvviso, l’arrivo del male.

E lei, la morte, mandata a spezzare vite, senza poter rifiutare.

Allora obbedì alla sua sorte, superba della propria potenza.

Nello spietato volgere del tempo, si recarono da lei moltitudini intere.

Falciava i corpi, come spighe di grano durante la mietitura.

Ma tra le espressioni che scorgeva sui volti, ammirava la tenerezza dei padri, la feriva lo sguardo disperato dei figli, si consolava per il dolce abbandono dei vecchi.

***

Un giorno arrivò un uomo, giovane e bellissimo.

La bellezza la colpiva sempre nell’armonia degli esseri umani e nelle movenze degli animali, ma la perfezione di quell’uomo la stupì.

E stranamente lui non sembrava temerla.

La guardava, anzi, con forza, scrutandola senza timore.

Si avvicinò a lei, chinò il capo, attese.

Lei, intanto, pensava alla vita di quell’uomo, a quanto avesse amato.

Si interrogava su quel sentimento degli umani: lo scrutava nei loro visi, quando lasciavano le persone care e si arrendevano a lei.

Allora decise di sapere e chiese a lui cosa fosse l’amore.

***

L’uomo parlò a lungo, stupito della domanda ma senza paura.

Le disse le storie dei tanti: gli affetti familiari, gli amori fedeli che durano a lungo, la fiamma che accende i corpi e non lascia dormire, il rimpianto per una rinuncia, il coraggio mancato, i giuramenti infranti, gli amori nuovi e caldi.

Le raccontò le promesse negate, le labbra avide, gli abbracci stretti, i momenti sprecati per un’incertezza, per una parola non detta.

Le rivelò la passione che sconvolge e annulla.

Infine tacque.

Lei lo aveva ascoltato assorta.

***

Poi lui decise: “Lasciati amare.” le disse.

“È potente l’amore.”  lei rispose. “Innalza e sconvolge o rende miseri e fragili. Se manca, spinge al rimpianto, quando esiste porta dolore. E, a volte, è terribile come morire. Ma non appartiene al  destino che ho in sorte.”

L’uomo non si lasciò scoraggiare.

Si avvicinò ancora: lei non si mosse.

Le fu accanto.

E le tolse piano il velo nero che scivolò al suolo, scoprendola.

Allora apparve nella sua pienezza a quegli occhi maschili: terribile e splendida insieme, innocente e inerme come agli inizi del tempo.

Offerti allo sguardo dell’uomo, i capelli di lei brillavano di un biondo caldo.

Come spighe mature di grano, prima della mietitura.

Gloria Lai

Registrato su Patamu.com con il n° 101910 del 19/3/2019

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