IL COLLARE

Il cane gli zampettava accanto: la solita passeggiata.

Ma quel giorno decisero di accostarsi al bosco, senza attraversarlo.

Volevano solo percorrerne i margini.

*** *** *** *** *** ***

Dopo aver fatto i compiti, di pomeriggio il ragazzino chiamava il suo cane e correvano tutti e due, lungo la strada che portava ai campi.

Un bastone lanciato in aria: il cane lo inseguiva a perdifiato, lo agguantava saldamente e lo riportava indietro.

Il gioco li divertiva entrambi.

Poi tornavano affannati, il cane che precedeva il ragazzino e poi si voltava a guardarlo, ansioso che lui lo seguisse.

Erano attratti dal bosco, loro due, ma ne temevano le insidie.

Il padre raccomandava al figlio di non attraversarlo mai, soprattutto la sera: lui obbediva, anche se gli restava un acuto desiderio di vedere le ombre degli alberi allungarsi, di sentire i versi degli animali notturni, di avvertire una paura sottile scorrergli sotto la pelle.

*** *** *** *** *** ***

Quel giorno, forse più annoiato del solito, forse più triste, il ragazzino decise di abbandonare la strada dei campi.

Lui e il suo cane si accostarono al bosco.

Ma attratti dalle chiome corpose e intricate, abbandonarono ogni prudenza e si addentrarono.

Li accolse una umidità ombrosa, un frusciare di foglie, un bisbigliare sommesso di presenze nascoste.

I due andarono avanti, la mano del ragazzino sul collo dell’animale.

*** *** *** *** *** ***

Si stupirono per la vastità del luogo: procedevano accostati, provando un timore crescente perché la luce che filtrava tra i rami si andava affievolendo.

D’improvviso l’attenzione del ragazzino fu attratta da una polla d’acqua: dentro, qualcosa di indistinto.

A guardar meglio, capì che era una lucertola, immobile.

Pensò fosse morta, ma la tolse comunque dall’acqua e la osservò rattristato.

Se fosse arrivato prima, forse l’avrebbe salvata.

Già un’altra volta aveva fallito…

*** *** *** *** *** ***

Qualche anno prima alcuni suoi amici avevano catturato una lucertola.

Per noia e per malvagità la legarono a un ramo e le diedero fuoco: il supplizio di quella creatura riuscì a divertirli molto.

Ma a lui quell’esperienza segnò il cuore: per timore di opporsi, per vigliaccheria, era rimasto a guardare quel contorcersi straziato, tra i versacci smodati degli amici.

E la sofferenza della lucertola era diventata la sua.

Per questo da allora, appena gli era possibile, correva in aiuto di un animale o di un insetto o di un albero dolente.

Tutto perché lei, quella lucertolina, potesse perdonarlo.

*** *** *** *** *** ***

Mentre si struggeva al ricordo, vide che la gola dell’animaletto prendeva lentamente a pulsare.

“Era solo raggelata”, pensò consolato, e col tepore delle mani continuò a ridarle calore.

Con grande sollievo, aspettò che la lucertola si riprendesse del tutto e poi la vide dileguarsi rapidamente.

Sentì conforto nel cuore e sperò che l’altra lucertola, quella morta anche per sua colpa, potesse sapere…

Ma il tempo intanto era trascorso e lui e il suo cane si erano allontanati abbastanza.

Il ragazzino decise quindi di tornare indietro.

*** *** *** *** *** ***

Nel ripercorrere la strada, si affidò al fiuto dell’animale e per un breve tragitto ne seguì l’andare sicuro: ma, all’improvviso, il cane si fermò.

Gironzolò incerto per qualche tempo e ritornò indietro, guaiolando.

Non riusciva più a trovare il cammino.

Si erano persi, pensò il ragazzino afflitto.

E il padre si sarebbe disperato: suo figlio non disubbidiva mai.

Con lui c’era anche il cane.

Sicuramente era accaduto qualcosa di grave, avrebbe pensato.

E, apprensivo com’era, sarebbe subito uscito a cercarli.

*** *** *** *** *** ***

Con il freddo serale e l’umidità crescente, i due cercarono affannosamente un riparo: finalmente il tronco cavo di un albero li accolse e la stanchezza sconfisse la paura.

Si addormentarono accostati.

Ma silenziosamente qualcosa si avvicinava.

Un chiarore colpì le palpebre del ragazzino, appena chiuse nel sonno: aprì gli occhi e prodigiosamente si trovò davanti due figure, diafane e sorridenti.

Con stupore immenso, nelle linee di quei volti riconobbe i nonni, che guardavano inteneriti lui e il suo cane.

*** *** *** *** *** ***

Erano morti molti anni prima, ma il ragazzino li ricordava con amore e talvolta gli era sembrato di sentirseli vicini, quasi a consolarlo o a fargli una carezza.

A vederli all’improvviso, luminosi e sorridenti, provò una gioia estrema e tese le braccia verso di loro.

I nonni gli si accostarono per accarezzarlo: e con tenerezza struggente lui sentì che le loro mani, anche se diafane, erano calde.

Ma un altro chiarore attirò, sul terreno, la sua attenzione.

Dalle movenze morbide e dalla coda sinuosa riconobbe in quell’immagine di luce una lucertola.

*** *** *** *** *** ***

Lei, dal luogo eterno in cui si trovava, aveva visto il ragazzino aiutare piante dolenti, insetti offesi, animali feriti e, proprio quel giorno, salvare un’altra lucertola.

Allora finalmente il suo cuore inerme e sofferto di rettile riuscì a placarsi…

Almeno lui poteva perdonarlo, almeno quel ragazzino poteva assolverlo, si disse la lucertola.

La pietà di lui aveva infine lavato la colpa di un tempo.

E quando vide che i nonni si affrettavano ad aiutare il nipote, chiese di poterli accompagnare.

*** *** *** *** *** ***

Il ragazzino si chinò verso di lei: la lucertola gli si avvicinò senza timore.

E contemplando quell’essere luminoso, lui capì di essere stato perdonato.

I nonni, intanto, lo rassicuravano: avrebbero guidato lui e il suo cane sino ai margini del bosco, prima di andarsene.

Il ragazzino sentì le lacrime urgergli dentro.

“Restate con me”, chiese.

Il sorriso dei nonni si fece più tenero: “Non possiamo”, risposero “ Ma vogliamo farti un regalo. Prendi questo”.

E posero in mano al nipote un collare robusto di stoffa, ornato di borchie in ferro.

Sembrava usato, ma era certo molto bello.

Il ragazzino ringraziò e lo fece indossare al suo cane, che si era svegliato solo allora.

Arrivati alla fine del bosco, i nonni si fermarono e accarezzarono ancora il nipote.

“Saremo sempre con te”, gli dissero. “Ti protegge il nostro affetto”.

Il ragazzino, scosso dal pianto, non riusciva nemmeno a rispondere, ma lo fece sorridere la lucertola quando, per salutarlo, gli sfiorò dolcemente i piedi con la coda.

Poi lui restò a guardarli, mentre loro tre se ne andavano.

Erano luminosi.

E ormai lontani.

Sembravano lucciole danzanti.

*** *** *** *** *** ***

“Ma cosa è successo?”, chiese il padre angosciato.

La gioia di ritrovare il figlio era tale che non aveva neanche la forza di sgridarlo, nel vederlo ai margini del bosco.

Il ragazzino, inoltre, non parlava, non si scusava.

Sembrava assorto, distante.

Il cane, intanto, era accucciato per terra.

E fu allora che il padre vide il collare e sbiancò: non era possibile che fosse quello, si disse.

Guardò più attentamente: la stoffa, le borchie erano davvero uguali e, proprio sulla fibbia di metallo, lesse una lettera.

L’iniziale del nome del suo cane.

Quella che lui stesso, a nove anni e affranto, aveva inciso sul collare del suo animale splendido.

Un atto di omaggio.

L’ultimo, prima di seppellirne il corpo vicino all’ulivo centenario.

Proprio quello che ancora segnava l’inizio del bosco.

*** *** *** *** *** ***

Era lo stesso collare.

Guardò attonito il figlio, ma lo sguardo di lui, stupito e sofferto, gli impedì le parole.

Il padre intravide il mistero, ne intuì la forza profonda, ma non volle chiedere niente.

Allora si avvicinò e strinse il figlio, in silenzio.

Un abbraccio tenero.

Consolante e saldo.

L’abbraccio di un padre.

Gloria Lai

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