UCCIDERSI UN POCO ALLA VOLTA…

UCCIDERSI UN POCO ALLA VOLTA…

Nella nostra società malata di violenza e di prepotenza la depressione e il desiderio di morire non sempre si palesano apertamente ma, spesso, agiscono in maniera sotterranea, conducendo a un suicidio inconscio, lento e premeditato.

Un suicidio che sfugge alla consapevolezza e si nasconde dietro ai comportamenti stereotipati, incentivati dagli ingranaggi dell’economia.

La sofferenza, psicologica e fisica è funzionale alla vendita di così tanti prodotti da essere sponsorizzata e spacciata per convivialità.

Basta pensare alle feste di Natale.

Nel periodo natalizio il bombardamento mediatico (inneggiante allo scambio dei regali e alla condivisione di cene e pranzi succulenti) induce artificialmente il desiderio di trovare calore e conforto in un’armonia famigliare conseguente al mangiare insieme invece che frutto dell’ascolto reciproco e di una costante messa in discussione di sé.

Le festività, lungi dall’essere quel paradiso del volersi bene proposto dalle pubblicità, sono spesso un momento drammatico di confronto con se stessi e con gli altri.

Gli incontri preconfezionati imposti dalla tradizione, infatti, fanno emergere ogni genere di difficoltà che per non rovinare la festa vengono taciute, in nome di una reciprocità ostentata e priva dell’autenticità e dell’introspezione che accompagnano le relazioni profonde.

In tante occasioni lo scambio del cibo e dei regali sostituisce lo scambio affettivo, lasciando insoddisfatti e appesantiti nell’anima come nelle viscere.

Bere e mangiare in compagnia sono diventati gli indicatori privilegiati del coinvolgimento affettivo.

Più si mangia e più ci si vuole bene!

Ma soprattutto: s’incrementano i guadagni delle multinazionali, che hanno tutto l’interesse a concentrare l’attenzione dei consumatori sul sapore delle pietanze (e sulle immancabili medicine che ne accompagnano la digestione e l’assimilazione) piuttosto che sull’ascolto di sé e degli altri.

Il nostro modo di vivere, fondato sull’apparire invece che sul sentire, trascura lo scambio emotivo e lo sviluppo della sensibilità, incentivando uno stare insieme formale, privo di un’intima condivisione.

Mangiare diventa così il veicolo di uno sbandierato volersi bene, che non soddisfa i bisogni profondi ma che appaga un piacere effimero, goliardico e vuoto di una reale reciprocità.

Ingerire alimenti di vario tipo non è più il necessario approvvigionamento di nutrienti nel corpo, ma un sistema veloce e facilmente fruibile per stordirsi e abbandonare le preoccupazioni quotidiane, una droga, economica e alla portata di tutti, capace di mettere a riposo i pensieri spostando l’energia dalla mente alla pancia.

UCCIDERSI UN POCO ALLA VOLTA…

Le persone sensibili, però, faticano a seguire questo stile di vita e finiscono spesso per sentirsi diverse e strane in una società che abiura l’interiorità e il valore della vita emotiva.

Il bisogno di riconoscimento sociale spinge a conformarsi agli standard imposti dagli ingranaggi della macchina economica, trasformando la fame di reciprocità in una fame nervosa: compulsiva e insaziabile.

Una fame che costringe a mangiare molto più del necessario, per non sentire il dolore della solitudine e per sfuggire la difficoltà di essere se stessi in una società intossicata di superficialità.

Prende forma così quel suicidio inconsapevole che fa ammalare tante persone, incrementando la fortuna delle multinazionali alimentari e farmaceutiche.

Mangiare per riempire il vuoto emotivo e per stordire il bisogno di verità, diventa una scelta (quasi) obbligata, la via più rapida per evitare l’ascolto di sé.

È risaputo che un’alimentazione eccessiva e ricca di sostanze tossiche conduce inevitabilmente verso la malattia e la morte ma, inconsciamente, cerchiamo di dimenticarcene, sommersi dalla miriade di consigli e di buone ragioni che invitano a ingurgitare sempre di più.

Invece di responsabilizzarci e seguire uno stile alimentare frugale e calibrato alle esigenze dell’organismo preferiamo scegliere le vivande in base al sapore e alle immagini colorate stampate sulle confezioni dei prodotti.

Sappiamo che troppi grassi fanno male, le farine sono dannose, i latticini provocano innumerevoli malattie, la carne è piena di ormoni e intrisa della paura degli animali condotti al macello.

Ma, grazie a un meccanismo patologico chiamato rimozione, possiamo dimenticare queste informazioni e comprare ogni genere di alimento, lasciando che il nostro corpo si deteriori progressivamente mentre tamponiamo i sintomi con tante pastigliette colorate, studiate apposta per sostenere una cronica dipendenza dal cibo e dalle medicine.

UCCIDERSI UN POCO ALLA VOLTA…

L’informazione ufficiale, ovviamente, non ne parla.

E i tanti studi che evidenziano le correlazioni tra l’alimentazione e le malattie che affliggono la nostra vita moderna, sono abilmente sepolti sotto una coltre di luoghi comuni, volti a mantenere in piedi il mercato alimentare e i guadagni delle case farmaceutiche.

L’insensatezza è la patologia evidente di una società che scrive: “NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE” sui pacchetti delle sigarette e poi ne consente la vendita, guadagnandoci sopra grazie al monopolio di stato.

Non sorprende che sia spacciata per sana e salutare un’alimentazione che conduce alla decadenza del corpo e alla malattia.

Scoprire l’imbroglio commerciale che tiene in piedi la vendita di tanti prodotti tossici genera un senso di sfiduciata impotenza.

Un’insidiosa e invisibile depressione permette all’incoscienza di dilagare nella psiche, facendo sì che la malattia e la morte siano: inevitabili conseguenze degli anni che passano, invece che segnalare un danno a carico delle nostre scelte di vita.

Uccidersi un poco alla volta divorando cibo nocivo è la scelta che tante persone portano avanti (più o meno consapevolmente), convinte che:

“Intanto… di qualche cosa si deve pur morire!”

e che:

“Si vive una volta soltanto!”.

E dimentiche che il benessere è la conseguenza di scelte responsabili e consapevoli ma, soprattutto, di una condivisione fraterna profonda e capace di accogliere la fragilità, invece che annegarla in un mare di sapori senza sostanza.

Carla Sale Musio

Vuoi saperne di più? 

Leggi il libro: 

DROGHE LEGALI

verso una nuova consapevolezza alimentare

anche in formato ebook

Droghe legali

Verso una nuova consapevolezza alimentare

Acquista

Ultimi commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

N/A lettori, amici e curiosi

TENIAMOCI IN CONTATTO