NATALE SOLITARIO

Anche quest’anno è iniziata la campagna natalizia.

Pubblicità che inneggiano al volersi bene mentre ci si ritrova tutti insieme a scartare montagne di regali.

Pranzi e cene con tante portate e tanto amore nel condividere i cibi.

Negozi luccicanti addobbati a festa.

Luci colorate lungo le strade.

Vetrine che gridano: “Comprami! Comprami! Comprami!”.

Preparativi frenetici.

Pellegrinaggi di parenti, studiati a tavolino per non scontentare nessuno…

“E tu? Che cosa farai per Natale?”

La domanda è inevitabile e presuppone un programma di riunioni familiari, predefinito e dettagliato, quasi un copione sociale già scritto.

“Il 24 saremo a casa di… e il 25 invece saremo tutti da….”

Chi cerca di sottrarsi alle regole natalizie deve fare i conti con un’insopportabile sensazione di alienità e affrontare la diagnosi psicologica celata a stento dietro lo sguardo preoccupato di chi ascolta.

“Non farai nulla?!? E come mai? Non ti senti bene? A me puoi dirlo, c’è qualcosa che non va…”

Sì.

Bisogna avere per forza qualche rotella fuori posto per decidere di stare da soli proprio il giorno di Natale.

Perché a Natale è d’obbligo: fare qualcosa.

Cioè riunirsi e dimostrare di volersi bene o (alla peggio) partire, e festeggiare comunque insieme ma da qualche altra parte.

Chi sceglie di passare in solitudine il giorno di Natale deve munirsi di una giustificazione valida, altrimenti rischia di essere guardato con commiserazione e di sentirsi vittima di una patologica e pericolosa asocialità.

Perché, se non si è affetti da qualche grave turba del comportamento, a Natale bisogna: fare qualcosa!

Cioè ci si deve riunire insieme ai familiari.

O altrimenti insieme agli amici.

O almeno insieme con qualcuno.

È in questo modo che le leggi spietate del commercio costringono ognuno di noi a fare i conti con l’impossibilità di  voler bene a comando.

La malattia mentale è la minaccia che incombe come una condanna sulla testa di chi osa anche soltanto pensare di sottrarsi ai dettami del consumismo.

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A Natale SI DEVE:

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  • Mangiare tutti insieme,

  • volersi bene e andare d’accordo,

  • scambiarsi dei regali,

  • che DEVONO essere graditi e riempire il cuore di emozione!c.

Questa pretesa affettiva (psicologicamente impossibile da realizzare) impone ai sentimenti di conformarsi a uno standard predefinito e (proprio per questo) irraggiungibile.

Non si può vivere un’emozione soltanto perché ci è stata suggerita (imposta) da mille pubblicità ammiccanti a ogni angolo di strada.

Non si possono provare emozioni comandate in giorni socialmente opportuni.

Le emozioni sono la conseguenza del nostro modo di interpretare la vita, esprimono la realtà interiore di ciascuno, raccontano le gioie e i dolori che abbiamo vissuto e sperimentiamo di momento in momento.

È impossibile programmarle, si può soltanto accettarle accogliendone l’energia dentro di sé con sincerità. 

Il Natale è diventato una festa commerciale legata a forti interessi economici e al tentativo di incatenare la creatività dentro regole prestabilite, funzionali a mantenere sempre attivo nelle persone il bisogno di omologarsi uniformandosi gli uni con gli altri.

Rifiutarsi di obbedire ai dettami del conformismo suscita un senso di diversità e d’isolamento che ci fa sentire emarginati, sbagliati e soli.

E che ci spinge a indossare passivamente la divisa emozionale imposta dalle leggi di mercato.

Eppure…

Il Natale dovrebbe essere un momento di ascolto di se stessi e di celebrazione interiore, l’occasione per accogliere e condividere con gli altri la propria unicità.

Qualunque essa sia.

Saper stare con se stessi il giorno di Natale è la prova che ognuno di noi è chiamato a superare per conquistare l’armonia interiore e l’indipendenza emotiva.

Quando siamo capaci di accettare i nostri bisogni (sia il giorno di Natale che in qualunque altro giorno), siamo anche capaci di aprire il cuore alla verità e questo è l’unico strumento che ci permette di condividerci con gli altri, attraversando l’imposizione commerciale delle festività natalizie con serenità e con la saggezza che deriva dal vivere la vita senza rinunciare alla propria autenticità. 

Soltanto così scegliere di assecondare il proprio bisogno di autonomia non indica più un patologico ritirarsi dal mondo ma dimostra invece la capacità di rimanere fedeli al proprio sentire, attuando le scelte migliori per sé, nonostante i giudizi di quanti abbiamo intorno.

Volersi bene non significa abbuffarsi tutti insieme il giorno di Natale.

Volersi bene è un modo di essere e di condividere la propria sensibilità momento per momento, permettendo a se stessi e agli altri di compiere le scelte più adatte al percorso di crescita di ciascuno.

Partecipare alle riunioni familiari o trascorrere in solitudine il giorno di Natale, possono essere due modi, altrettanto leciti, di celebrare la propria spiritualità portando l’attenzione sull’ascolto profondo dei vissuti interiori.

La verità è un valore inestimabile da coltivare con coraggio e con fiducia perché soltanto spargendone i semi nella nostra esistenza potrà prendere forma un mondo migliore.

Carla Sale Musio

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