IMPARARE A PARTORIRE DA MAMMA GATTA

La società accompagna le donne al parto in svariati modi: dai corsi preparto con figure specializzati e competenti, che preparano le donne al grande evento fornendo loro una serie di conoscenze nuove ed efficaci, agli incontri informali tra donne che si riuniscono in momenti di confronto e condivisione pratica ed emotiva.

Che la donna crei la propria rete di riferimento non solo è funzionale ma fondamentale affinché, nel momento in cui sente di averne necessità, attiva automaticamente il canale di cui necessita.

Ciò che spesso viene by-passato o trascurato è la centralità del ruolo della donna durante il parto.

Tutte queste nozioni rischiano di disperdere e non canalizzare la donna verso le sue competenze, verso la sua natura biologica e istintuale che è l’unica vera componente che si attiva nel momento del parto.

Non essendo animali, tendiamo ad usare la nostra parte razionale e consapevole anche durante il parto trascurando il fatto che il parto stesso non appartiene al dominio della razionalità e che quindi quest’ultima deve essere usata coscientemente lasciando comunque il dominio alla parte istintiva.

Accade sempre di più che prevale la necessità di aver consapevolezza e il bisogno di esercitare un controllo per potersi fidare del proprio corpo piuttosto che affidarsi incondizionatamente.

Un bambino che impara a camminare si affida alle proprie percezioni e sensazioni, non ragiona sul movimento delle gambe, sull’angolazione delle ginocchia o sulla lunghezza del passo ma ascolta il suo istinto assecondando i segnali del proprio corpo e lasciandosi guidare dalle proprie emozioni.

Lo stesso dovrebbe avvenire durante il parto.

Il corpo della donna è biologicamente predisposto a partorire (escludendo particolari condizioni patologiche) eppure la società adorna la donna di conoscenze tecniche piuttosto che accompagnarla verso una consapevolezza di sé ed una fiducia nel cogliere e interpretare adeguatamente i segnali del proprio corpo ed il proprio stato emotivo.

Quanto diventa importante quindi aiutare la donna a riconoscere la propria parte istintiva e animalesca?

Legittimarla nella ricerca dei suoi bisogni intimi e unici?

Indirizzarla verso una connessione profonda con la creatura che porta nel suo grembo in quanto unico vero braccio destro nel momento del parto?

Sapere di essere in grado di farlo è il primo grande passo verso la riuscita di un buon parto.

Pensare che il proprio parto dipende solo e unicamente da fattori esterni rischia di portare la donna a non fidarsi di se stessa, a mettersi in una posizione down e a vivere passivamente un momento fondamentale che diventa anche attivatore delle responsabilità successive verso il nascituro.

Se ci pensiamo sono solo madre e figlio che, insieme, collaborano per uno stesso obiettivo: la vita.

Mettiamo allora i riflettori sulla donna, sul suo potere, sulle sue competenze innate.

Aiutiamola a fidarsi di ciò che sente piuttosto che dare maggior enfasi all’operato altrui. 

Il parto è suo, è un passaggio personale, intimo e unico, sacro e non condivisibile.

Quando ero piccola passavo le ore ad osservare le mie gatte.

Ero presente e partecipe a tutte le fasi della maternità.

Dall’accoppiamento all’allattamento e all’educazione primaria.

Quando i pancioni diventavano sempre più grossi, preparavamo delle ceste calde e confortevoli in modo che avessero un posto dignitoso per partorire ma, ogni volta, arrivava una forte delusione: sparivano per qualche giorno e poi si facevano rivedere giusto per prendere un boccone, –con i pancioni vuoti e le mammelle intrise di latte.

E le cucce erano vuote!

Cosa facevano le mamme gatte?

Sicuramente sapevano di avere delle ceste comode e calde ma attivavano comunque la loro parte istintiva e protettiva per il loro bene e quello della prole.

Ricercavano dapprima un posto che le facesse sentire al sicuro e partorivano indisturbatamente senza l’aiuto di nessuno, semplicemente affidandosi alla loro natura.

Martina Mastinu

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