SIAMO TUTTI UN PO’ PSICOLOGI…

Si dice che “Siamo tutti un po’ psicologi” ma quest’affermazione è vera?

Siamo davvero tutti capaci di aiutare chi si trova in difficoltà con i propri pensieri e con le proprie emozioni?

A mio parere occorre fare una distinzione tra l’empatia e la psicologia.

L’empatia è la capacità si mettersi nei panni di un altro e osservare la vita dal suo punto di vista.

La psicologia è la scienza che studia la psiche, cioè lo stile di pensiero e il vissuto emotivo delle persone.

Empatici si nasce ma psicologi si diventa dopo molti anni di studio e di esperienza pratica.

Siamo tutti un po’ empatici.

Questo è vero.

Cioè siamo tutti in grado (chi più chi meno) di immedesimarci nei vissuti degli altri e di provare i loro turbamenti e le loro emozioni.

Naturalmente, solo qualcuno riesce ad abbandonare totalmente il proprio punto di vista per calarsi nella realtà di un altro.

Mentre la maggior parte di noi sposta soltanto il proprio modo di leggere gli eventi dentro le scene della vita di un’altra persona.

In quest’ultimo caso, però, non si tratta di empatia ma di immedesimazione.

Ci si trasferisce con il proprio carattere e i propri vissuti dentro situazioni che non ci appartengono e in questo modo non si sperimentano i presupposti esistenziali di chi quelle situazioni le attraversa davvero.

Certamente gli psicologi devono essere empatici per riuscire ad aiutare i loro pazienti.

Cioè devono essere capaci di lasciare andare il proprio modo di interpretare le cose per accogliere in sé il bagaglio di sensazioni, pensieri e sentimenti che caratterizzano l’esistenza di un altro.

Per fare lo psicologo, però, l’empatia da sola non può bastare.

Uno psicologo dopo essersi calato dentro la realtà di un’altra persona deve saper abbandonare anche quel punto di vista per raggiungere un angolo di osservazione ulteriore.

Cioè, dopo essersi immerso emotivamente nei problemi di chi ha davanti, deve risalire verso un punto di vista meta (meta comunicativo, che comunica sulla comunicazione) e riuscire a guardare le cose dall’alto.

Perché solo da lì può aiutare il paziente a scoprire in se stesso nuove risorse con cui trasformare le difficoltà in occasioni di cambiamento.

Un bravo psicologo:

  • non propone se stesso,

  • non si porta ad esempio,

  • non da buoni consigli,

  • non suggerisce strategie,

  • non ha un punto di arrivo.

Il suo obiettivo è il benessere della persona che gli chiede aiuto.

La sua maestria consiste nell’aiutare l’altro a trovare soluzioni diverse e nuove dentro se stesso.

Si afferma spesso che gli psicologi dicono sempre e solo quello che si sapeva già.

Be’… in un certo senso, questo è proprio vero!

Non sta a noi dire qualcosa di nuovo al paziente.

Il nostro compito è fare in modo che sia il paziente a dirsi qualcosa di nuovo.

Qualcosa che esisteva già dentro di lui prima che lo psicologo intervenisse.

Qualcosa che sembra nuovo solo perché era stato ignorato.

E che appunto per questo si sapeva già.

In conclusione, cari amici, lettori e curiosi di questo blog, diffidate delle imitazioni dello psicologo!

Circondatevi di persone empatiche perché sono creature splendide che è bello avere vicino ma sceglietevi lo psicologo con molta attenzione.

Lo psicologo bravo non può essere il vostro amico (e il vostro amico non può essere il vostro psicologo) (nemmeno se fa lo psicologo di mestiere).

Lo psicologo deve essere uno strumento di cambiamento al servizio della vostra vita, un esperto nell’arte di far nascere le risposte dalla profondità del vostro cuore.

Deve saper parlare il linguaggio familiare delle vostre difficoltà ma con i termini A-normali, insospettabili, divertenti e avventurosi del mutamento.

Deve essere la voce che vi incoraggia a imboccare la strada della trasformazione e che vi lascia andare soli lungo i sentieri che avete scelto.

Deve essere il vostro ausilio.

Pronto a sparire quando i riflettori del successo sono puntati sulla vostra vita e pronto a lavorare quando avete bisogno dei suoi strumenti.

Un bravo psicologo è al vostro servizio.

Non usa la scrivania come una cattedra dietro alla quale puntare l’indice ma come il viale di cui soltanto voi disegnate l’orizzonte.

Carla Sale Musio

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