LE FRESIE

“È un bel maschietto” le dissero.

La madre guardò il figlio.

“Hai avuto fretta?” gli sussurrò.

“Sei nato quindici giorni prima”.

Poi lo strinse tra le braccia.

*****

Quell’anticipo di vita gli pesò a lungo: aveva perso molti giorni di pace ovattata.

E forse per quel motivo, ebbe un personale senso del tempo.

*****

Arrivava in ritardo ovunque: alle elementari, finché lo accompagnò la madre, riuscì ad anticipare il suono della campanella, poi fu un disastro.

Alle medie e anche al liceo entrava in classe quando ormai tutti si erano accomodati.

I professori, dopo aver smesso di adirarsi, lo prendevano in giro.

“Stavi per arrivare domani” gli diceva qualcuno.

Oppure: “Sei in anticipo sul secondo quadrimestre”, gli diceva qualcun altro.

La prof di greco, all’ennesimo ritardo, lo interrogò a sorpresa su Euripide, sperando di costringerlo ad una disciplina rigorosa.

E meno male che lui aveva studiato.

In seguito, all’università perse buona parte delle lezioni diurne e dei seminari pomeridiani perché il bus era già passato o gli telefonavano prima che uscisse (e certamente doveva rispondere) o dimenticava i libri o il quaderno di appunti e tornava indietro a prenderli.

Poi incontrò lei, la donna della sua vita: la amò perdutamente, ma nessuna volta che rispettasse gli orari degli appuntamenti.

Lei, di indole paziente, si limitò a sospirare per i ritardi e lo aspettava sempre, come fanno anche le madri.

Le cose migliorarono con il matrimonio: lei attendeva a casa il suo rientro e si trovò ad aspettare anche il loro primo figlio.

Nel corso degli anni ne vennero altri e i ritardi di lui, del marito, si fecero meno lunghi.

Infatti cercava di migliorarsi, ma pretendere la puntualità fu un’utopia inarrivabile.

Al lavoro, inoltre, doveva timbrare il cartellino: i ritardi si cumularono e divennero un tempo eterno da recuperare.

******

Lui rifletteva sul suo comportamento, sul senso del tempo.

“Certo è quella nascita anticipata” si diceva.

“Quindici giorni in meno di delizie. Chi me li rende? “

******

Poi la pensione, l’età avanzata, i figli lontani e realizzati e lei, la donna amata, che un pomeriggio si mise in poltrona per guardare un documentario.

A sera, al rientro dalla passeggiata, lui la trovò ancora seduta.

Composta come era sempre stata, sembrava dormire un sonno tranquillo.

Ma non rispose al richiamo di lui.

 ******

Lo strazio fu immenso.

Non sapeva più perché vivere.

I figli furono teneri al funerale, poi ognuno tornò alla propria vita.

******

Trovare quel cagnetto fu una grande gioia.

Da tempo lui non riusciva a sorridere, ma quel randagio dalle zampe incerte gli restituì vigore.

Al mattino era il cane che lo svegliava e lo scortava a comprare il giornale, poi al parco aspettava che il padrone leggesse i titoli e gli saltellava intorno, quando l’uomo si alzava dalla panchina faticosamente per l’età e i dolori alle gambe e tornava a casa.

******

Da qualche tempo affannava nel camminare e ogni minimo sforzo gli costava una fatica immensa.

Pensò che il suo tempo si fosse concluso.

Per sé era rassegnato, ma si preoccupava del cane: allora chiamò un amico, tra i pochissimi che gli erano rimasti.

E quello promise che ci avrebbe badato lui.

******

Ripensò a tutta la sua vita: era stato un marito innamorato e fedele e un padre responsabile.

L’unica ombra della sua esistenza erano quei molti ritardi: decise che voleva chiudere il cerchio, rimediare all’errore.

Dopo aver riflettuto a lungo, seppe il da farsi.

Allora chiamò la Morte e le disse che era pronto: si offriva a lei quindici giorni prima del momento fatale.

Così avrebbe restituito quel tempo di vita, che pure non aveva chiesto.

Le dava appuntamento al parco ogni pomeriggio, disse ancora alla Morte.

Ma sperava che lei arrivasse di primavera: gli piaceva il pensiero di andarsene, respirando profumo di fresie.

******

Mentre aspettava, il giorno dopo, sentì un rumore rapido di zampe: il suo cane arrivava di corsa, le orecchie all’indietro e il guinzaglio penzolante.

Era riuscito a fuggire dalla casa dell’amico a cui lo aveva affidato.

Il cane gli balzò addosso, ansante e felice di rivederlo.

“Ma sai dove sto andando?” gli disse il padrone.

“Da lì non si torna”.

Gli occhi umidi dell’animale lo scrutarono in fondo all’anima.

“Staremo sempre insieme” sembrò dirgli quello sguardo.

“Non mi vuoi con te?”.

Allora l’uomo strinse il cane palpitante tra le braccia e accettò l’offerta.

*****

Non dovette attendere a lungo.

Alcuni pomeriggi dopo, eccola giungere.

Non sembrava avere fretta.

Alta, solenne, elegante, diversa da come l’aveva immaginata.

Gli si fermò davanti: “Sono onorata della tua richiesta” disse la Morte.

“È così difficile trovare persone rigorose.”

Poi gli sussurrò: “C’è qualcuno felice di vederti”.

Allora davanti a lui comparve la moglie, bella e sorridente come in gioventù.

“Ma ci pensi? Sarai con me quindici giorni prima” gli disse lei, con dolcezza.

Lui la guardò rapito, le prese la mano.

E sparirono felici con il loro cane, nella luce calda di un pomeriggio primaverile.

Intorno si sentiva forte il profumo delle fresie.

Gloria Lai

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