LA COMPLESSITÀ NEL PROCESSO GENITORIALE

La genitorialità è un processo complesso in continua evoluzione.

Quando si parla di genitorialità è fondamentale non farla coincidere con la nascita del bambino: la nascita è l’evento mentre l’esperienza della genitorialità si delinea nella progettualità di diventare genitori.

Così, si diventa genitori quando si inizia a sognare, progettare, costruire, creare uno spazio nuovo, fisico e psichico per accogliere qualcuno che è diverso da sé.

Gli schemi sociali tendono a trasmettere un’immagine semplicistica e stereotipata dell’essere genitori: un mondo fatto di colori pastello, fiocchetti e ninne nanne.

Ma l’esperienza concreta riporta una complessità che si coniuga con l’imprevedibilità inevitabile quando ci si imbatte in una nuova e così grande esperienza.

Essere genitori, allora, significa anche fare i conti con l’inatteso, riconoscere la necessità di modificare alcuni schemi rigidi e riadattarli, ripartendo da sé, dalla propria esperienza, ed aggiungere un tassello al complesso cambiamento culturale che avviene giorno dopo giorno.

Come operatori abbiamo il dovere di rimandare un’immagine della genitorialità autentica, lontana dagli stereotipi di perfezione, una genitorialità che rimanda ad una continua messa in discussione, una genitorialità in continua evoluzione, una genitorialità che per sopravvivere deve fare i conti con ciò in cui si imbatte e trovare nuovi equilibri funzionali.

Lavorare in quest’ottica è fondamentale affinché le persone si sentano parte attiva di un processo, si assumano la responsabilità del loro ruolo.

E anche per comprendere quando è necessario chiedere aiuto, quando sono stati commessi degli errori, quando ci si sente in crisi e si ha bisogno di un confronto utile poiché all’interno di un processo nuovo e complesso è inevitabile commettere degli errori ma è anche fondamentale riconoscerli per poter ripartire.

Sempre più spesso questa complessità viene letta in maniera errata come “ogni genitore fa a modo suo e non bisogna criticarlo” e qui bisogna far attenzione nel riconoscere la linea sottile tra l’esprimere la propria genitorialità e il sentirsi liberi di esprimerla senza mettere in discussione nulla.

Posto che è fondamentale non dare giudizi e posto che ogni genitorialità ha delle sfumature di espressione uniche, far notare le criticità deve essere vissuto non come un giudizio e quindi un irrigidimento, ma come una possibilità di crescita.

In un gruppo di mamme, una mamma ammette di litigare con il marito spesso e volentieri davanti ai figli.

Alcune mamme le fanno notare che i bambini potrebbero risentirne mentre altre insorgono in sua protezione inveendo e sottolineando che “non esiste famiglia perfetta, non esiste coppia che non litiga, fatevi gli affari vostri che ai suoi figli sarà brava a pensarci lei!”

Chi ci perde in primis?

La mamma e tutta la sua famiglia.

Ciò che si perde è la possibilità di una crescita partendo da un confronto: “pensi che davvero i bambini possano starci male? Sai consigliarmi qualche lettura o qualcuno con cui parlarne?” 

Basta davvero poco affinché un piccolo confronto diventi possibilità di crescita, assumendosi la responsabilità di mettere in discussione e rianalizzare un comportamento per renderlo funzionale ed efficace.

Martina Mastinu

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