ALLATTAMENTO E PREGIUDIZI

“Quanti anni ha il tuo bambino? Lo allatti ancora?”

Questa è una delle tante frasi che spesso, le mamme che allattano, si sentono dire, talvolta accompagnata da un mix di stupore, incredulità e sdegno.

Ma com’è che un atto relazionale unicamente chiamato a coinvolgere principalmente la diade (e poi la triade) diventa oggetto di approvazione o disapprovazione sociale?

In parole povere, perché alle persone da fastidio una mamma che allatta un bimbo che non è più un neonato?

Sono diversi i pregiudizi e le pressioni sociali che ruotano attorno alle tematiche dell’allattamento, e spesso essi provengono da contesti talmente vicini alla mamma o si compiono in maniera così pressante che la mettono in crisi nel filtrare e proteggere se stessa e le scelte fatte con il suo bambino dagli attacchi esterni.

I pregiudizi rivolti alle mamme sono molteplici: la donna che allatta oltre il divezzamento (introduzione di altri cibi dopo il sesto mese di vita) viene spesso vista come una madre che non è in grado di ritagliarsi i suoi spazi personali, una madre totalizzante che non riesce a staccarsi dalla simbiosi con il suo bambino, una madre che non investe nella relazione con il partner e una donna che opta per tutta una serie di rinunce lavorative e sociali annullandosi nella sua individualità.

Ancora una volta il ruolo della donna viene visto in maniera passiva e succube.

Questo stereotipo arriva come contro-reazione alla cultura arcaica e maschilista in cui la donna viene concepita tale unicamente nei suoi ruoli di madre e moglie.

Per far fronte a questo pregiudizio quindi, si è creato il pregiudizio opposto: la donna è tale solo quando non è moglie e madre, di conseguenza si ricade comunque nello stesso errore di considerare una mamma come un essere passivo e non dotato di una propria autonomia decisionale.

Perché bisogna cadere per forza dentro questi schemi stereotipati e privi di flessibilità?

Perché una donna che allatta non può, allo stesso tempo, avere una relazione soddisfacente con il proprio partner ed essere libera di gestire la propria attività lavorativa e la sua vita sociale tenendo anche conto dei suoi bisogni e della responsabilità che ha deciso di assumersi come genitore?

Restituiamo alle donne la giusta immagine di persone libere e autonome nelle scelte che le riguardano poiché rimandando ad esse tale visione stiamo davvero mettendo fine ai pregiudizi che ruotano attorno a qualsiasi scelta ed andiamo verso la consapevolezza che ogni persona sia unica nella propria complessità.

Martina Mastinu

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