I COLORI

Faticoso quel parto, ma finalmente vide uno dopo l’altro i figli: tre maschi, colorati come la madre.

Bianchi, rossi, gialli e neri.

Attraverso generazioni intere, quei colori erano giunti a lei e ai suoi nati.

Era una gatta di dimensioni minuscole, ma aveva partorito altre volte.

E aveva amato molto i suoi figli.

Peccato che i primi fossero stati massacrati di pietre da uomini impegnati nei lavori della casa in cui si era sgravata.

Durante la pausa pranzo, avevano cercato di distrarsi: e quei gatti erano stati un’ottima soluzione.

La seconda gravidanza le aveva regalato due piccoli: un maschio tigrato, uguale al padre, e una femmina, piccola e colorata come la madre.

Tutti e due curiosi, affettuosi come lei e fragili, a tal punto che il corpo della figlia, di quasi due mesi, non aveva opposto resistenza alle zanne di un cane da caccia, a cui il padrone aveva insegnato bene il mestiere.

Infine questi ultimi tre, partoriti dentro la cuccia di un cane del vicinato. Avevano preso quello spazio e lui, il cane, aveva accettato, sperando che prima o poi gli invasori se ne sarebbero andati.

La gatta suscitava tenerezza e si avvicinava accogliente a chiunque.

Molti si chinavano a toccarla, morbida com’era.

Il tempo scorreva tranquillo in una primavera spesso serena, a volte nuvolosa.

Ma il silenzio imprevisto di quel periodo strano sembrava un regalo inatteso.

***

Il traffico scarso nelle strade aveva convinto gli animali che gli spazi gli appartenessero di nuovo.

Si muovevano esitanti, poi sempre più sicuri.

Gli umani erano pochi e sembravano avere altro a cui pensare che scacciarli. Anche i gatti si erano rassicurati e si spostavano liberi, fra strade e case.

Poi era il periodo degli amori: per una conquista era sempre valsa la pena di rischiare.

Ma adesso, con quel silenzio, i richiami d’amore risuonavano a distanza, forti come i gatti non ricordavano.

***

Il traffico anche in quella strada e nelle adiacenti si era ridotto di molto: rondini, cornacchie, passeri e merli si aggiravano in libertà, volando bassi.

I gatti passavano lenti da un marciapiede all’altro, si allungavano sul selciato, amoreggiavano tra loro, poi all’approssimarsi della notte si sdraiavano sotto le auto in sosta e dormivano placidi.

Però non tutti avevano rallentato: c’era ancora chi si affrettava e non per bisogno, ma per l’abitudine a correre, trafelati, verso una meta qualunque e sempre troppo lontana.

Neanche un attimo per fermarsi, nessuno sguardo alle piante fiorite o alla bellezza di un gabbiano, incapaci di stupirsi.

In macchina, poi, partenze brucianti e sorpassi veloci, la pretesa di evitare gli intralci e quella fretta rapida: forse per timore di fermarsi e scrutare il proprio sguardo, riflesso nello specchietto.

***

Quella era una notte serena: la gatta aveva allattato i figli, poi era uscita per strada.

Sarebbe tornata subito, pensava.

Un’auto si era fermata da poco: di giorno il sole era caldo, ma la notte era piacevole trovare un luogo tiepido, in cui rifugiarsi.

***

Allora si sdraia un attimo, per poi rientrare nella cuccia, dove i piccoli ormai dormono, addossati gli uni agli altri.

Ma la prende il sonno.

Non sente i passi accelerati dell’uomo, la portiera aperta in fretta, il motore acceso e via: di furia, come sempre, senza attenzione, senza pazienza.

Per terra, dove c’era l’auto, una macchia scura e qualcosa di liquido, che anche al buio assomiglia al sangue.

***

Nei giorni seguenti, qualcuno si occupa dei piccoli, li accudisce, li nutre e infine li accoglie.

È quasi estate ormai.

***

Ma da qualche giorno, nel cielo sopra le case, vola un essere strano: ha le ali ampie e colorate di bianco e di nero, il collo rossastro e una coda gialla di piume.

Ogni tanto lancia un richiamo: e ad ascoltare bene, mentre il suono si spegne, si avverte qualcosa.

Difficile crederci, ma sembra proprio il verso dei gatti: quello che gli risuona in gola quando si inteneriscono.

O tutte le volte in cui sono felici.

Gloria Lai

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Opera tutelata da Patamu.com  n°129621 del 4/6/2020

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