Mar 31 2019
Archive for Marzo, 2019
Mar 25 2019
STRUMENTI PER DIMAGRIRE: la meditazione
Per tante persone (e io sono tra quelle) la parola meditazione non è attraente: evoca un’immobilità frustrante, pensieri martellanti, insofferenza e noia!
L’idea di stare fermi in silenzio, con gli occhi chiusi e concentrati sul respiro, può rendere questa esperienza insopportabile per chi vive immerso nel ritmo frenetico del nostro mondo occidentale.
Pochi sanno, però, che la meditazione non è qualcosa che si fa ma un modo di essere, un atteggiamento psicologico in cui l’attenzione è rivolta al mondo interiore invece che all’esterno come succede di solito.
Nel corso della giornata tutti portiamo avanti alcune mansioni meditative.
Anche se non ne siamo consapevoli.
Succede quando la nostra attenzione smette di focalizzarsi sul mondo fisico e apriamo il cuore a un ascolto intimo in cui i pensieri si rincorrono tra loro senza che la mente sviluppi alcun controllo.
Ogni volta che svolgiamo delle attività semplici e ripetitive ci spostiamo spontaneamente in una percezione meditativa.
Lavare i piatti, stirare, guidare, camminare… sono occupazioni che spingono a lasciare andare i pensieri fino a condurci in uno stato in cui li percepiamo senza che ci appartengano, un po’ come quando si guarda un film.
La parola meditazione a me non piace, preferirei chiamarla: attenzione interiore o disattenzione partecipe o ascolto senza ascoltatore…
Tuttavia, i nomi non sono importanti, ciò che conta è l’atteggiamento rivolto in se stessi e l’assenza di una mente che analizza.
Questo atteggiamento lo assumiamo tutti ogni tanto.
Serve per riposare il cervello, allentare le tensioni e ridurre un pochino la fatica di vivere.
Insomma, ci fa bene.
E non necessariamente deve avvenire stando fermi a fissare un muro bianco o tenendo gli occhi chiusi ascoltando il respiro (a me ascoltare il respiro riesce sempre a farmi venire i nervi).
Quando vogliamo cambiare le nostre abitudini alimentari la meditazione (o, per meglio dire, quei momenti in cui mandiamo in ferie il bisogno di controllo della mente) si rivela uno strumento utile perché ripristina l’armonia nel corpo e aiuta a ritrovare il contatto con l’essenza più profonda di sé (quel qualcosa che silenziosamente osserva la Vita dal primo all’ultimo momento della nostra esistenza) (e forse anche dopo).
Solo riconoscendo la nostra intima autenticità possiamo uscire dalla dipendenza alimentare e ritrovare un rapporto sano con il nostro organismo e con l’ambiente.
I codici ancestrali del corpo pulsano in armonia con la natura, con la coscienza e con tutta la creazione.
E ci ricordano il valore di ogni forma di vita.
Mangiare è un atto sacro legato al piacere di mettere in bocca qualcosa.
Può essere onorato soltanto quando non crea sopraffazione, violenza e morte.
Altrimenti inquina il fisico di sostanze e pensieri tossici: come l’adrenalina, il cortisolo, la paura e il dolore.
Vivere in armonia con se stessi è il primo passo per costruire un mondo migliore.
Spesso il nostro peggior nemico è la mente.
Imparare a metterla da parte per un po’ lascia emergere la saggezza del corpo permettendoci di ascoltare la Vita invece che rispondere freneticamente ai bisogni di una civiltà che corre a perdifiato verso la propria distruzione.
Carla Sale Musio
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Mar 19 2019
VERSO UNA NUOVA EPISTEMOLOGIA DELLA COSCIENZA
L’epistemologia è la materia che si occupa dei fondamenti e dei metodi delle diverse discipline scientifiche, l’insieme dei principi da cui prende forma il nostro sapere.
Nel corso del tempo l’applicazione dell’epistemologia ha affiancato il cammino evolutivo dell’umanità analizzando i criteri della scienza ed evidenziando i presupposti teorici con cui interpretiamo il mondo.
Infatti, le prospettive assunte dalla comunità scientifica cambiano a seconda dei periodi storici, modificando la comprensione delle cose.
In passato, l’epistemologia della scienza sosteneva l’esistenza di un principio lineare di causa ed effetto che permetteva agli scienziati di osservare l’andamento degli eventi in maniera asettica e distaccata.
Allora, tutta la ricerca era orientata a spiegare una realtà unica e immodificabile della quale era necessario individuare le leggi.
Oggi, invece, i fondamenti della scienza sono cambiati e gli scienziati ci mostrano la coesistenza di più punti di vista differenti, sottolineando il ruolo di chi osserva e il rapporto tra l’osservazione e ciò che viene osservato, e descrivendo una realtà cangiante fatta di relazioni e possibilità infinite.
Ogni cambiamento epistemologico scompiglia i presupposti teorici del pensiero e modella un diverso modo di stare al mondo.
Progressivamente e impercettibilmente, infatti, i risultati delle indagini scientifiche si spostano dal chiuso dei laboratori al fermento della vita quotidiana, improntando i nostri modi di pensare e di vivere.
Così, mentre la vita influenza la scienza, la scienza influenza la vita … e insieme danno forma a un percorso di conoscenza fatto di aggiustamenti continui e in continua evoluzione.
In un tempo non molto lontano dal presente, lo studio della psicologia non esisteva e gli scienziati non si preoccupavano di analizzare ciò che accade nel mondo interiore.
La psiche era considerata materia esclusiva degli psichiatri che ne esaminavano i meccanismi nel tentativo di risolvere il malfunzionamento del cervello.
Ai primi del novecento, però, il neurologo austriaco Sigmund Freud postulò l’esistenza di un inconscio capace di incidere sul corpo fisico e sulla vita delle persone, e posto in uno spazio introspettivo oltre la percezione cosciente.
Non molto tempo dopo, uno dei suoi allievi, lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung, approfondì la scoperta del mondo interiore evidenziando la presenza di un inconscio collettivo depositario di una conoscenza ancestrale e infinita.
Oggi la psicologia clinica non può prescindere dall’inconscio (individuale e collettivo) e la psicoterapia vanta una casistica molto ampia di remissione dei sintomi ottenute grazie al lavoro con la dimensione interiore.
L’epistemologia che sostiene la ricerca sulla salute ha avvalorato la scoperta dell’inconscio estendendo il concetto di coscienza fino a comprendere una percezione più vasta della mente razionale e posta al di fuori dei limiti del cervello.
La coscienza, perciò, ha subito nel tempo una profonda evoluzione e, se in passato indicava esclusivamente ciò che esiste entro l’orizzonte della consapevolezza, oggi ha assunto una connotazione più ampia, segnalando una dimensione che oltrepassa i limiti angusti della mente e del corpo per collocarsi al di fuori delle coordinate spazio temporali.
Sia la meccanica quantistica che il biocentrismo, infatti, segnalano l’importanza di un principio vitale che intreccia il mondo interiore con quello esteriore dando forma a una realtà mutevole e soggettiva.
La dimensione psichica perciò non riguarda più soltanto la percezione individuale ma comprende qualcosa di più ampio e trascendente chiamato: coscienza.
Come espone il primo principio del Biocentrismo:
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“Quello che percepiamo come realtà è un processo che coinvolge la nostra coscienza. Se esistesse una realtà esterna a noi stessi, dovrebbe trovarsi in uno spazio, ma lo spazio e il tempo non sono assoluti, sono solo strumenti usati dalle menti umane e animali.”
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Partendo dalla considerazione che nessuna disciplina scientifica è mai stata capace di spiegare in che modo la coscienza possa emergere dalla materia, il biologo americano Robert Lanza dimostra che non esiste una realtà separata da chi la sperimenta perché la coscienza intreccia ogni cosa e la vita precede l’esistenza dell’universo (e non viceversa).
Come scrive nel suo libro Oltre il biocentrismo:
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“Non esiste un universo senza percezione. La coscienza e il cosmo sono correlati; sono una cosa sola.”
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Ecco quindi che negli anni duemila prende forma una diversa epistemologia della scienza e della coscienza capace di fornire risposte nuove ai quesiti sulla vita e sulla morte che da sempre tormentano l’animo umano.
Carla Sale Musio
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Mar 13 2019
IL MESSAGGIO
“Che bel sole oggi,” disse la moglie.
“Il calore si sente fin qui.”
“È vero,” rispose lui.
“Ritorna l’estate.”
Sorrisero e si strinsero l’uno all’altra, con lo stesso amore di un tempo.
***
Un rumore di passi rapidi.
“È lei.”
La moglie riconobbe nel risuonare di tacchi il passo della figlia.
“Sta tornando da noi, come sempre.”
I due videro la donna liberare i fiori dall’involto, svuotare la ciotola, tagliare i gambi e disporre steli e corolle a formare una macchia colorata.
Piangeva mentre sistemava petali e foglie.
Piangeva ma non fermava i gesti, come capita spesso alle donne.
La madre si rattristava ogni volta.
“Sono passati gli anni, ma il suo dolore non guarisce ancora.”
***
I due coniugi avevano avuto solo quella figlia: assennata, studiosa e poi, sul lavoro, seria e puntuale.
Poco tempo per gli svaghi, poco interesse per i divertimenti.
I genitori si chiedevano a chi avesse assomigliato, così saggia per la sua età ma in fondo fragile, lo percepivano, e sensibile.
Amava gli animali e li guardava ammirata.
***
Loro due speravano che trovasse un uomo onesto, gentile, che apprezzasse le sue doti.
E che sapesse proteggerla.
Si chiedevano cosa sarebbe accaduto, quando se ne fossero andati.
***
E se ne andarono, infatti.
Prima l’uno, poi l’altra: la figlia li aveva accuditi fino all’ultimo con forza, con fiducia, sperando che il suo affetto li avrebbe salvati.
***
Continuò a lavorare con la stessa serietà di sempre, ma quel vuoto non sapeva riempirlo.
Andava spesso dai suoi, comprava un mazzo splendido di fiori e lo sistemava, accostando colori diversi e luminosi.
Poi baciava la foto in cui i genitori sorridevano e sembrava che la salutassero.
“A presto” lei diceva.
E si allontanava, sentendo sulla fronte la loro benedizione.
***
Si rallegravano al vederla, ma speravano che non fosse più così sofferta.
Quindi vollero che lei sapesse della loro felicità: i corpi erano raccolti in quello spazio intimo ma gli spiriti, ormai senza affanni, potevano volare nel vento, leggeri come ali di gabbiani.
***
Chiesero ad una farfalla bianca di aiutarli: si era posata sui fiori che la figlia aveva sistemato con la cura di sempre.
Un tempo lei pensava che le farfalle di quel colore portassero messaggi.
E sorrideva nel vederle, perché davano risposte alle sue domande, diceva.
***
Allora i genitori pregarono quell’essere di raccontarle tutta la loro felicità, perché la figlia non fosse più triste.
***
La farfalla si levò leggera e raggiunse la donna che attraversava il viale presso l’uscita.
Le volò accanto, girandole piano intorno.
La figlia si fermò: aveva il respiro sospeso e la stessa speranza di un tempo.
In quel momento il fruscio delle ali si trasformò in parole e la donna impallidì.
Tese la mano: la farfalla si posò un attimo sulle dita, poi volò piano verso il cielo.
Risuonavano nelle mente della figlia quelle parole: i genitori erano felici, leggeri e liberi da affanni.
E l’avrebbero abbracciata ancora, nello splendore del tempo infinito.
Intanto la farfalla saliva verso il sole.
“Ho sognato ad occhi aperti?” si chiese la donna.
Ma riemersero vivi i ricordi del passato, le paste comprate la domenica, le fiabe che il padre le narrava, il profumo degli abiti appesi nella stanza coniugale.
Ricordò la colazione consumata insieme e il bacio della madre, prima della scuola.
Sentì una pace raccolta, un nuovo senso del tempo e per lei fu come nascere ancora.
Intanto l’aria profumava di fiori, mentre il bianco delle ali in volo si confondeva con le nuvole estive.
Gloria Lai
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Opera tutelata su Patamu.com con il n° 101001 del 3.3.2019
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