Ago 30 2018
Archive for Agosto, 2018
Ago 23 2018
CULTURE ANIMALI: vivere senza maschere e senza falsi sé
Per noi è impensabile vivere senza finzioni.
La società impone tante regole e per sentirci amati e rispettati, dobbiamo imparare a nascondere la verità.
La buona educazione si basa sulla dissimulazione dei sentimenti.
Bisogna usare il linguaggio giusto e mostrare i comportamenti idonei alle varie occasioni.
Chi non segue l’etichetta è guardato con sospetto, disprezzato ed emarginato.
La specie umana ama l’ipocrisia.
Non è possibile dire sempre ciò che si pensa e chiunque si permetta un’eccessiva autenticità è additato e discriminato.
Abbiamo norme comportamentali adatte a ogni ruolo e a ogni sesso.
Gli uomini non possono piangere (senza sentirsi deboli e poco virili).
Le donne non possono alzare la voce (senza sentirsi isteriche e poco femminili).
Nella nostra cultura è di fondamentale importanza controllare costantemente l’espressione delle emozioni.
Non si deve fare troppo chiasso quando si ride o quando ci si arrabbia.
Non si devono rivelare la tenerezza, la sensibilità o la commozione.
E nemmeno mostrare il risentimento, la delusione o la paura.
È necessario mantenere un atteggiamento distaccato e indifferente, senza lasciarsi andare a sentimentalismi di nessun tipo.
Non tutte le culture, però, sono così.
Gli animali coltivano valori diversi dai nostri e i loro saperi tengono in grande considerazione l’immediatezza dei vissuti interiori.
Per le altre specie la manifestazione degli stati d’animo (postura, atteggiamento, sguardo, odore, salivazione…) costituisce un idioma significativo, un linguaggio indispensabile per vivere una vita di qualità.
La conoscenza si basa sull’autenticità e l’espressione dei sentimenti rappresenta la via che permette di muoversi con sicurezza nel mondo.
Per tutti gli animali diversi dall’uomo è impensabile mentire: esiste sempre e solo la verità.
La vita stessa è fatta di sincerità.
Ai nostri occhi, però, tutto questo sembra povero e privo di profondità.
Troppo semplice.
Del resto, si sa:
“Sono bestie, esseri inferiori senza intelligenza!”
Siamo convinti che la complessità sia sinonimo d’ingegno.
E obnubilati dalla presunzione ci siamo messi in testa di essere gli unici depositari della sapienza.
Tuttavia, nessun animale è affetto dalle patologie che affliggono la nostra specie.
Tra loro non esistono: la paranoia, la psicosi, l’autismo, la nevrosi… e le innumerevoli sofferenze che ammalano la psiche umana rendendola incapace di muoversi nel mondo.
Gli animali non perdono mai la bussola dei sentimenti.
Sanno che la sopravvivenza coinvolge ogni forma di vita sul pianeta e non si vergognano di palesare la verità, anche quando sono costretti a scelte pericolose o violente.
Sono valori incomprensibili nella nostra civiltà fatta di opportunismo e falsità, capacità dimenticate da chi preferisce cancellare il cuore per sentirsi apprezzato in società.
C’è un nesso sottile che unisce la menzogna alla patologia mentale.
Fingere vuol dire essere ciò che non si è… fino a diventarlo.
Un bravo attore deve calarsi completamente nella parte da interpretare, dimenticando se stesso per dare vita a una differente identità.
Chi vuole essere un altro è costretto a nascondere la propria realtà per incarnare la finzione e renderla vera.
Tuttavia, quando perdiamo il ricordo di ciò che anima il mondo interiore, azzerando la voce dell’autenticità, spalanchiamo le porte alla malattia.
Gli attacchi di panico, la depressione, l’anoressia, la bulimia… sono espressione di un pathos che ha cancellato le proprie radici.
Non si può eliminare se stessi senza morire.
Annientare il contatto con i sentimenti significa costruire una prigione intorno all’anima, dando vita a un’angoscia sconosciuta a ogni altra specie.
Certo, anche gli animali soffrono.
Subiscono torture terribili (inflitte loro per il divertimento dell’uomo).
Vivono tormenti che farebbero uscire di senno qualunque essere umano.
Ma, nonostante il dolore, gli animali non impazziscono.
Patiscono (e muoiono) senza perdere la ragione.
La psicopatologia appartiene soltanto alla specie umana.
Nasce dalle finzioni ritenute indispensabili e si sviluppa in una società costretta ad affermare la propria identità nel narcisismo e nell’onnipotenza.
Guardiamo gli animali con disprezzo.
Li giudichiamo stupidi e senza cervello.
Ma non vediamo l’handicap che ammala la nostra specie.
Abbiamo perso il valore dell’autenticità e costruito una cultura priva di sincerità.
Quando uccidiamo in noi stessi l’emotività perdiamo anche la capacità di riconoscere la sofferenza.
E diventiamo cinici, violenti, prepotenti e malati.
È in questo modo che distruggiamo la salute mentale.
Abbiamo edificato un mondo che ci fa impazzire.
E mentre ingurgitiamo un’infinità di pastiglie colorate, convinti di poter stare bene senza cambiare niente, deridiamo chi vive nel rispetto della propria intima verità.
Carla Sale Musio
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Ago 17 2018
PSICOTERAPIA: paure, risorse, cambiamento
“Ok. Basta. Non ce la faccio più. Adesso chiedo aiuto a uno specialista!”
Sono più o meno queste le parole che accompagnano la decisione di rivolgersi a uno psicologo.
Prendere il telefono, comporre il numero e farsi dare un appuntamento è spesso una scelta irta di difficoltà.
Le emozioni si accavallano:
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un senso di liberazione alimenta la speranza di poter finalmente delegare la soluzione dei propri problemi;
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la paura di non saper bastare a se stessi scatena vissuti di fallimento;
-
il desiderio di scoprire risorse nuove convive con l’angoscia di prendere l’ennesimo granchio e sprofondare ancora di più nella sofferenza.
Interpellare uno specialista della psiche è sempre un passo difficile sia per chi non ha mai fatto una psicoterapia, sia per chi ha già vissuto questa esperienza.
Chiedere aiuto a uno psicologo è una valutazione personale cui si giunge dopo aver provato a risolvere da soli le difficoltà che costellano la vita.
Ed è giusto che sia così.
È importante scegliere il momento per intraprendere un lavoro su se stessi.
La psicoterapia non è un trattamento in cui il paziente deve seguire passivamente le direttive dello specialista.
Lo psicologo non è un medico, non cura le malattie, non pensa che le persone debbano guarire e non prescrive medicine.
Tutte queste cose competono agli psichiatri, cioè ai medici che si occupano delle patologie mentali.
Gli psicologi lavorano sulla salute e sul benessere, non sono medici e seguono un percorso di formazione completamente diverso da quello degli psichiatri.
I medici e gli psichiatri per diventare idonei all’esercizio della psicoterapia devono prendere un’ulteriore specializzazione (identica a quella degli psicologi ma non prevista nei programmi della facoltà di medicina) perché gli studi svolti in precedenza non sono sufficienti.
La psicoterapia non è una cura medica ma un percorso di cambiamento dove il paziente è parte attiva del processo mentre il terapeuta promuove la riflessione grazie all’ausilio delle domande.
Non dei farmaci.
Per fare lo psicoterapeuta bisogna aver fatto esperienza di una o più psicoterapie, cioè aver seguito un percorso di cambiamento sperimentando sulla propria pelle cosa si prova a risolvere le difficoltà grazie all’aiuto di uno specialista della psiche.
E questa è una delle ragioni per cui il lavoro dello psicologo è molto diverso da quello del medico e da quello dello psichiatra.
Nelle professioni mediche non è necessario aver sperimentato personalmente le cure da proporre ai pazienti: uno psichiatra non deve aver preso degli psicofarmaci per poterli somministrare, un dentista non deve essersi fatto curare i denti, né un cardiologo deve aver sofferto di cuore.
Uno psicoterapeuta, invece, per poter essere efficace deve essere stato seduto anche dall’altra parte della scrivania, mettendosi in gioco personalmente.
La medicina e la psicologia sono scienze diverse, erroneamente confuse tra loro.
Per questo, parlando di psicoterapia, è indispensabile evidenziare le diversità e sfatare i pregiudizi che gravano sulla scelta di chiedere un aiuto psicologico.
La paura di cominciare un percorso di crescita personale può essere la conseguenza di una conoscenza impropria delle competenze necessarie a diventare specialisti della psiche e delle tipologie dei pazienti cui psichiatri e psicoterapeuti si rivolgono.
Chi soffre di una patologia psichica (di competenza degli psichiatri) spesso non è capace di chiedere aiuto in prima persona.
La malattia mentale, infatti, altera la percezione della realtà e questo rende difficile riconoscerla a chi ne è portatore.
Chiedere una psicoterapia significa mettersi in gioco in prima persona.
Occorrono:
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una buona capacità introspettiva;
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la curiosità di scoprire parti nuove di sé;
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la poliedricità indispensabile a far emergere soluzioni inesplorate;
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il coraggio di affrontare i cambiamenti;
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l’umiltà di riconoscere le proprie rigidità;
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e una grande passione per la vita.
Non tutti possiedono i requisiti necessari.
La psicoterapia è un cammino per pochi indomiti spiriti liberi, pronti a sfidare le abitudini per amore della propria verità.
Chi si avvicina a questo percorso, che sia psicoterapeuta o paziente, deve avere un animo avventuroso e pronto ad accogliere anche le parti di sé meno presentabili e poco conformi alle convenienze sociali.
Il benessere interiore è la conseguenza di una profonda accettazione.
Lo psicoterapeuta più efficace è quello che sa affiancare ai titoli accademici il lavoro personale e la scoperta (in continua evoluzione) della propria interiorità.
La conoscenza dell’animo umano si distillata grazie all’esperienza con aspetti sempre diversi di sé.
Chiedere una psicoterapia significa aprirsi a un’esplorazione intima e variegata, fatta di ricordi e di possibilità nuove.
Un mondo in cui il giudizio è bandito perché tutto, ma proprio tutto, è accolto nella sua unicità.
Ci sono cose indicibili che attendono da sempre il momento per regalarci i loro doni.
Sono gemme anticonvenzionali e indispensabili per dar forma alla missione che siamo venuti a svolgere nel mondo.
Quella di essere noi stessi e di aprirci alla profondità che caratterizza ogni creatura vivente.
Carla Sale Musio
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Ago 10 2018
SCOPRI I TUOI SÉ CREATIVI
La creatività è un modo di essere che utilizza coordinate diverse dalla logica, si muove sul filo dell’intuizione e permette l’accesso al mondo sommerso dell’inconscio.
Per questo durante il processo creativo possiamo dimostrare capacità insospettabili e ottenere risultati che normalmente non ci sogneremmo nemmeno di immaginare.
L’estasi creativa è uno spazio magico capace di accendersi (e spegnersi) senza l’intervento della volontà, una spinta interiore che permette di non sentire fame, sete, sonno, caldo, freddo… e ci monopolizza quando siamo immersi in un’attività coinvolgente e appassionante.
Durante il lavoro creativo diventiamo una cosa sola con il progetto mentre tutto il resto sparisce dalla consapevolezza: si perde la cognizione del tempo che passa, non si sente il dolore, ci si dimentica la propria identità… fino a fondersi completamente con l’obiettivo.
Per comprendere il funzionamento della creatività occorre aprirsi all’idea che la personalità è composta da tanti Sé diversi e capaci di alternarsi nella quotidianità per far fronte alle situazioni che si presentano.
I Sé Creativi sono un gruppo di possibilità espressive che favoriscono l’emergere della creatività, regalandoci possibilità nuove per risolvere i problemi e affrontare le sfide dell’esistenza.
Per scoprire le caratteristiche di queste risorse esaminiamo nel dettaglio sette aspetti diversi:
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IL SÉ POLIEDRICO
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Questo Sé regala la capacità di vedere le cose sotto diverse prospettive contemporaneamente.
È quello che ci permette di immaginare l’arredo nuovo del soggiorno, che ci aiuta a trovare le parole giuste per consolare un amico in difficoltà, il burlone che imprevedibilmente rovescia i termini di un discorso facendo scoppiare a ridere l’uditorio.
La capacità di osservare la vita da un’altra angolazione è l’ingrediente fondamentale della creatività.
Le persone che hanno un buon rapporto con questo Sé possiedono una bacchetta magica per trasformare le difficoltà in risorse.
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IL SÉ PARANORMALE
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La paranormalità non gode una buona fama nell’immaginario collettivo e spesso è associata a fenomeni di spiritismo o esibizioni da baraccone.
Tuttavia, i fenomeni paranormali sono molto comuni tra i creativi perché appartengono alle peculiarità dell’emisfero destro del cervello (quello preposto alla creatività, all’intuizione e all’immaginazione).
Il Sé Paranormale ci permette di essere al posto giusto nel momento giusto.
E poiché attinge da una conoscenza istintiva non ha bisogno di utilizzare la logica.
Quando gli prestiamo ascolto: possiamo sapere chi ci sta telefonando anche senza guardare lo schermo del telefono, possiamo scegliere istintivamente di passare per una strada diversa ed evitare traffico o incidenti, possiamo intuire i sentimenti e i pensieri di chi ci sta vicino.
Affiancare le conoscenze di questo Sé alla razionalità (che utilizziamo abitualmente) permette di avere una marcia in più nell’affrontare la vita.
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IL SÉ EMPATICO
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L’empatia è la capacità di comprendere e vivere i sentimenti degli altri come se fossero i propri.
È una risorsa indispensabile in tutte le professioni di aiuto e l’ingrediente fondamentale per costruire un mondo basato sulla solidarietà, la cooperazione e la fratellanza.
Il Sé Empatico permette di accogliere i bisogni degli altri e creare armonia tra le persone, è il presupposto di una leadership sana ed efficace e il fondamento dell’amore.
Ascoltare le ragioni di questo Sé ci rende sensibili, rispettosi e attenti ai valori di ogni forma di vita.
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IL SÉ EGO CENTRATO
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Il mondo interiore è il luogo delle sensazioni e delle emozioni, lo spazio in cui emergono i bisogni personali.
Il Sé Ego Centrato affianca il Sé Empatico aiutandoci a considerare i nostri bisogni insieme a quelli degli altri.
Per godere di una buona salute mentale il Sé Empatico e il Sé Ego Centrato devono cooperare ed essere presenti nella nostra quotidianità.
Infatti, quando prevale il Sé Empatico possiamo cadere in un altruismo patologico mentre se prevale il Sé Ego Centrato possiamo diventare eccessivamente concentrati su noi stessi trascurando le esigenze degli altri.
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IL SÉ SOLITARIO
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Tutti i creativi possiedono un Sé Solitario che li spinge a isolarsi periodicamente per ritrovare il proprio equilibrio emotivo.
Spostare il punto di osservazione con rapidità e agilità porta a vedere la vita da tante prospettive diverse e spesso fa perdere di vista il proprio sentire profondo.
Ecco perché diventa necessario passare del tempo in solitudine, lontano dalle voci del mondo e aperti alla propria verità.
Il Sé Solitario ci ricorda il valore della nostra unicità, permettendoci di recuperare le energie prima di lanciarci in nuove avventure.
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IL SÉ INVENTIVO
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I creativi non amano la competizione, per loro è molto più appassionante dare forma a progetti sempre diversi e… migliori.
Inventare qualcosa che prima non esisteva, riciclare un oggetto regalandogli una nuova identità, risolvere un problema in modo imprevedibile e sorprendente… sono le attività preferite da tutti quelli che possiedono una buona dose di creatività.
Il Sé Inventivo ci ricorda che la vita è trasformazione e ci guida alla scoperta di realtà sconosciute.
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IL SÉ MUTEVOLE
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Il cambiamento è il segreto di una vita piena e appagante.
Ogni cosa, infatti, è destinata a evolvere e, perciò, a modificarsi.
La sofferenza psicologica deriva spesso da una incapacità a cavalcare il ritmo della trasformazione nel tentativo di mantenere inalterate le nostre abitudini.
È vero che una certa dose di stabilità aiuta a sentirsi più sicuri, tuttavia, indulgere nella routine genera una pericolosa fissità e apre la porta alla sofferenza.
Il Sé Mutevole ci aiuta a vivere con entusiasmo e curiosità le situazioni nuove e ci regala una frizzante sensazione di libertà.
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I Sé Creativi sono molti e in continuo cambiamento, come compete alla creatività.
Ognuno di noi deve apprezzare la propria originalità riconoscendo il valore della verità individuale.
L’accettazione e l’ascolto di sé sono i presupposti della salute e della realizzazione personale.
Imparare a osservare la creatività che anima la realtà interiore permette di risolvere le difficoltà che costellano la vita e apre nuovi spazi di accoglienza per se stessi e per le altre creature.
Dall’espressione senza limitazioni e senza censure dei Sé Creativi prende forma una società di persone realizzate e felici.
Carla Sale Musio
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Ago 03 2018
CHE COS’È LA PSICOTERAPIA
Si parla tanto di psicoterapia.
Tuttavia, poche persone conoscono davvero il senso di questa parola.
Secondo il dizionario la psicoterapia è:
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Una cura psicologica volta a rafforzare l’efficienza funzionale della personalità e basata sulle interazioni tra il terapeuta e il paziente.
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Secondo il buon senso comune la psicoterapia è:
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Un rimedio per chi ha qualche rotella fuori posto.
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L’incomprensione che aleggia intorno al significato della parola psicoterapia crea molta diffidenza e suscita paure diverse davanti al desiderio di rivolgersi a uno specialista della psiche.
Per quanto mi riguarda, da oltre trent’anni la psicoterapia è la mia occupazione principale e sento la responsabilità di sfatare i pregiudizi che annebbiano la comprensione in merito al lavoro psicologico e alla conoscenza interiore.
Secondo me la psicoterapia è:
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Un percorso di conoscenza di sé che si avvale del sostegno di uno specialista capace di far emergere le risorse sane della psiche durante uno o più colloqui amichevoli, intimi e piacevoli.
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Fare psicoterapia significa approfondire il proprio dialogo interiore per lasciare emergere possibilità nuove nella vita di tutti i giorni.
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Nel gergo della medicina chi segue un cammino di questo tipo viene chiamato: paziente o psicoterapeuta a seconda della posizione che occupa rispetto alla scrivania.
Lo psicoterapeuta siede dietro alla scrivania mentre il paziente occupa un posto davanti.
Entrambi sono:
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spinti dalla voglia di scoprire il mondo interiore
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curiosi di conoscere l’anima delle cose e delle persone
-
incapaci di fermarsi alle apparenze
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desiderosi di trovare in se stessi le risposte necessarie a migliorarne la qualità della vita e a far luce sul significato dell’esistenza
Dietro alla scelta di fare lo psicoterapeuta e dietro ogni richiesta di aiuto emerge sempre la domanda:
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“Perché si vive?”
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Seguita a ruota dal suo inevitabile corollario:
m
“Perché si muore?”
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Naturalmente né lo psicoterapeuta né il paziente possiedono la risposta definitiva a queste domande.
E di sicuro chi si rivolge a uno psicologo non desidera che quest’ultimo gli racconti la propria visione della vita o elargisca dei buoni consigli.
Quello che tutti quanti vogliamo quando ci sediamo davanti alla scrivania di uno psicoterapeuta è qualcuno che sappia aiutarci a tirare fuori la nostra verità, quel quid intimo e personale che ci rende unici e speciali.
Ognuno di noi, infatti, vive (e muore) per dare forma alla propria unicità e per esprimere le qualità profonde che ci rendono diversi da chiunque altro.
Un bravo psicoterapeuta non si vergogna di andare a sua volta da uno psicoterapeuta, ma anzi!
Proprio perché ha scelto di confrontarsi tutti i giorni con il mondo intimo delle persone ha bisogno di essere aiutato a comprendere i propri vissuti interiori, sollecitati quotidianamente dal coinvolgimento nel lavoro con i pazienti oltreché dagli eventi della vita.
Fare psicoterapia significa mettersi costantemente in gioco evidenziando gli atteggiamenti che inibiscono l’espressione di sé e affiancando nuovi modi di esprimersi alle abitudini comportamentali costruite nel tempo.
E questo vale sia per il terapeuta che per il paziente.
A prima vista può sembrare che non ci sia molta differenza fra i due ruoli: paziente e terapeuta parlano insieme impegnandosi a sostenere il cambiamento interiore e a migliorare la qualità della propria vita.
Un occhio più attento, però, si rende conto che mentre il paziente descrive le proprie difficoltà il terapeuta (che pure nota ciò che si agita nel proprio inconscio) sta bene attento a non parlare di sé e si concentra sul modo in cui far emergere i cambiamenti positivi nella vita di chi ha davanti.
Questo perché un terapeuta preparato e capace:
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non si sostituisce al paziente nelle decisioni che quest’ultimo deve prendere
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non vuole diventare un guru
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non racconta le proprie esperienze come se fossero un modello da imitare
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non pensa di essere il depositario di una indiscutibile saggezza