SEPARAZIONE… E TRAPPOLE PSICOLOGICHE

Quando si affronta una separazione, può succedere che nel mondo interiore qualcuno desideri mettere fine al matrimonio mentre qualcun’altro vorrebbe portare avanti la relazione nonostante tutto.

In quei momenti di difficoltà e d’incertezza finiamo per sentirci letteralmente trascinati da esigenze emotive contrastanti e, nel tentativo di porre fine al conflitto, si creano delle trappole psicologiche che bloccano la crescita, impedendo l’evoluzione affettiva.

Occorre essere spietatamente sinceri con se stessi per imboccare la strada giusta anche in mezzo al pantano delle incertezze e della paura.

Ed è indispensabile adottare con il partner la medesima autenticità, perché soltanto nell’onestà diventa possibile affrontare la fine dei progetti costruiti insieme, trasformando il legame senza distruggerlo.

La tentazione di sfuggire alle responsabilità annientandosi nell’abnegazione o nascondendosi dietro al disprezzo può essere forte e rischia di precipitarci ad ogni passo dentro l’abisso delle recriminazioni e dei rancori.

Per vivere appieno la separazione, cavalcandone il potere trasformativo e l’intensità affettiva, è necessario far convivere l’amore che ci ha condotto al matrimonio insieme con la delusione, la solitudine e l’incompatibilità che oggi rendono impossibile la medesima scelta.

Non è un compito facile.

Lo struggimento per le emozioni di un tempo si scontra con l’insofferenza che nel presente impedisce di proseguire la vita insieme.

Una parte nostalgica e romantica vorrebbe coltivare i sogni del passato.

E un’altra parte, più concreta e disincantata, addita puntigliosa le mancanze del coniuge, snocciolando un rosario di disgrazie.

Per sfuggire alla pressione interiore qualcuno sceglie la via della bontà, sacrificando l’autonomia sull’altare dell’altruismo e affermando che il partner “… non può sopravvivere da solo!”.

Altri preferiscono servirsi della rabbia e, chiusi dentro la fortezza del biasimo, accusano il coniuge di ogni nefandezza.

Vera o presunta, non ha importanza.

Ognuno a modo suo cerca di liberarsi dai vissuti di colpa e fallimento che la visione religiosa e legale del matrimonio rende inevitabili e dolorosissimi.

Ancora oggi, in Italia, è difficile parlare di crescita personale, di evoluzione affettiva e di onestà emotiva quando si tocca il tema della separazione.

Si preferisce fingere una reciprocità (anche se inesistente) invece di affrontare l’ostracismo sociale e la commiserazione che, spesso, accompagnano la conclusione del matrimonio.

In questi casi, una sorta di codardia emotiva rende più facile annientare se stessi rinunciando all’autonomia anziché affrontare la disapprovazione annidata nello sguardo dei conoscenti, degli amici e dei parenti.

Infine (ma non meno importante) l’odio di un partner che si sente incompreso e abbandonato fa detonare il senso di colpa, paralizzando le capacità decisionali dietro un desiderio spasmodico di approvazione.

Bisogna essere davvero coraggiosi per affrontare le trappole della separazione.

Eppure…

La scelta di non portare avanti un matrimonio i cui presupposti non esistono più, è una scelta che permette all’amore di dispiegarsi e di acquisire una profondità difficilmente raggiungibile altrimenti.

Dietro il possesso, la gelosia e i contratti, legali o religiosi, si nasconde l’Amore, quello con la A maiuscola.

L’Amore capace di concedere invece di prendere, di comprendere invece di pretendere, di donare la libertà invece di costruire prigioni, e di regalare il rispetto al posto della pietà.

La separazione non sancisce la fine dell’amore.

È una tappa lungo un percorso più ampio che dalla condivisione conduce all’autenticità e insegna l’indipendenza oltre la passione.

Carla Sale Musio

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