LE RONDINI

Era vecchio e camminava lento.

Sceglieva portoni di chiese e panchine per la notte.

Portava con sé una coperta ormai logora, dono lontano di una donna pietosa.

Lo accompagnavano un cane e un gatto, vecchi anche loro come lui.

I tre conducevano vita randagia: si fermavano dove l’aria leggera li attraeva o la bellezza di una piazza li chiamava.

Lui chiedeva l’elemosina: i suoi animali, miti e pazienti, attiravano carezze.

Sul volto e sul corpo dell’uomo i segni di una bellezza lontana.

*** *** *** *** *** ***

Passavano in strada quasi tutte le ore, le sere d’estate trascorse a guardare le rondini, a vederle sfrecciare nel cielo.

Negli occhi dei tre si specchiava l’andare veloce degli esseri alati: incantato da quei voli felici, lui provava una gioia che gli feriva il cuore.

*** *** *** *** *** ***

Anni prima amava una donna, viveva con lei, lavorava.

La sua presenza lo rendeva orgoglioso.

Poi, la fine di tutto: un altro amore per lei.

Lui, da solo, si lasciò andare, si trascurò.

In realtà non amava lottare: era fragile, docile, bello.

Non lottò neanche allora.

Ma senza di lei si sentiva un inetto.

Si diede colpa di tutto: non trovò più la forza di uscire di casa.

Si chiuse al mondo, perse il lavoro, gli mancarono i soldi per pagare l’affitto.

Infine, la strada.

Una scelta sofferta agli inizi, ma dopo fu tutto più facile.

*** *** *** *** *** ***

I due animali li aveva trovati per caso: il cane, smarrito da padroni distratti.

Bastò che lui lo chiamasse e quello accorse, nello sguardo una nuova speranza.

Il gatto, invece, lo vide sfuggire al bastone brandito da un uomo: per calmare quell’essere terrorizzato, lui impiegò ore intere a parlargli, a stanarlo da un buco nel muro dove si era infilato.

Poi il gatto sporse la testa e accolse esitante le carezze di lui.

Decisero di vivere insieme il tanto che gli restava.

E lui, guardando gli occhi di quegli animali, tornò ad amare docilmente la vita.

*** *** *** *** *** ***

Avevano attraversato città e campagne: accolti pietosamente, altre volte cacciati con ira.

Quel giorno, dopo aver camminato per ore, decisero di fermarsi.

Sconosciuto il paese.

Imbruniva: era un sabato estivo.

Una strada deserta, un tetto spiovente, la coperta per terra: poi il sonno, pesante e immediato.

*** *** *** *** *** ***

Tre balordi uscivano da un’osteria: ubriachi, gretti e annoiati.

Il tedio del sabato sera li rendeva più insofferenti, li spingeva a cercare uno svago.

Bevevano ancora, scambiandosi rapidi la bottiglia di vino.

*** *** *** *** *** ***

In fondo a una strada deserta, qualcosa per terra: i tre si accostarono, li videro dormire sereni.

I balordi risero e scossero il vecchio.

Lui si svegliò, domandò che cosa volessero.

Non giunse nessuna risposta.

I tre cominciarono a scuoterlo, lo videro debole e inerme.

Ma il cane e il gatto balzarono avanti in difesa di lui.

Allora i tre si accesero d’ira.

Colpirono a calci e a pugni, incuranti dei denti del cane, dei fragili artigli del gatto.

Si rivolsero all’uomo, che voleva salvare gli animali.

Non li fermò lo sguardo di lui.

Smisero solo quando li videro immobili.

Poi, un rivolo caldo e lucente.

Rosso come vino di novembre.

*** *** *** *** *** ***

Quanto tempo era passato?

Lui aprì gli occhi per primo.

Provava un vigore lontano, la stessa forza di quand’era ragazzo.

Accanto a sé i due animali, vitali e agili come nel tempo andato.

E intorno le nuvole terse, simili alla luce del diamante.

Si stupì e guardò in basso: a grande distanza vide alberi e fiumi, monti e città.

E le persone, minuscoli punti indistinti.

Allora lui ricordò l’accaduto, ma non provava ira, non voleva vendetta: era al di là delle cose del mondo, immensamente oltre il dolore e il rimpianto.

Lui, il suo cane e il suo gatto ormai respiravano la bellezza del cielo.

E dall’alto si incantarono a guardare i voli felici delle rondini.

Gloria Lai

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