OMOFOBIA: la paura di scoprirsi diversi


La parola “omofobia” indica la paura e la repulsione nei confronti dell’omosessualità e delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.

L’omofobia è una malattia occultata, nascosta tra le pieghe del razzismo che infetta la nostra società e, proprio perché è il sintomo di una patologia di cui si parla poco e malvolentieri, non ottiene dalla psicologia e dalla psichiatria l’attenzione e le cure che sarebbero indispensabili al suo risanamento.

L’omofobia evidenzia l’epidemia di crudeltà oggi diffusa tra la gente di ogni ceto, senza distinzione di reddito, classe, cultura o professione.

Si tratta di un morbo i cui sintomi più appariscenti sono: un razzismo sotterraneo e radicato e la violenza che inevitabilmente ne consegue.

La nostra società indulge sull’aggressività e sulla prepotenza.

Impropriamente consideriamo la mancanza di rispetto e di attenzione come un segno di carattere e di forza, piuttosto che riconoscere le stimmate di una pericolosa mancanza di sensibilità.

Così, offendere e maltrattare chi vive la sessualità in un modo diverso dal nostro, guardare e commentare con commiserazione, divertimento, scherno e ironia, è diventato un luogo comune, un gioco sociale cui non prestiamo nemmeno più molta attenzione.

Strizziamo l’occhio a quelli che consideriamo scherzi innocenti capaci di farci sorridere e, senza nemmeno rendercene conto, alimentiamo l’intolleranza e la prepotenza.

Fanno scalpore i fatti di cronaca nera, quelli si!

Ci si sorprende davanti ai maltrattamenti gravi e ai suicidi di tanta gente, colpevole soltanto di provare amore per le persone del proprio sesso.

Messi di fronte a queste evidenti perversioni del nostro modo di vivere, scrolliamo il capo indignati e colmi di orrore.

Non ci rendiamo conto che il bullismo e la violenza si annidano nei tanti fatterelli di ogni giorno, nelle battute, nei sorrisini, negli ammiccamenti e nei gerghi apparentemente innocui che emarginano, discriminano e feriscono chi è portatore di una diversità.

Questi sintomi (superficialmente considerati inoffensivi) di una cultura malata, segnalano la patologia nella vita di ogni giorno e alimentano il virus della brutalità e del pregiudizio.

Il razzismo, infatti, non è confinato soltanto nei campi di concentramento, nello sfruttamento dei popoli di pelle scura, nello schiavismo e in tutti i gravi abusi che scuotono le coscienze.

Quella è soltanto la punta di un iceberg che affonda le radici molto più in profondità.

Il razzismo è uno stile di pensiero che discrimina ed emargina ciò che non può essere accolto dentro di sé, perché ritenuto inaccettabile e di conseguenza giudicato pericoloso e da combattere.

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OMOFOBIA E RAZZISMO

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La rimozione e la proiezione sono due meccanismi di difesa primitivi.

Si formano molto presto nella psiche dei bambini e funzionano automaticamente, sotto la soglia della consapevolezza.

La rimozione e la proiezione hanno la funzione di preservare la mente delicata dei piccoli dal dolore e dalla paura.

  • La rimozione permette di cancellare dalla coscienza tutto ciò che spaventa o provoca sofferenza.

  • La proiezione fa in modo che le cose e i sentimenti che non ci piacciono siano spostati da noi stessi all’esterno, e proiettati sopra un altro essere che da quel momento potrà essere evitato e considerato diverso e negativo.

Grazie a questi meccanismi di difesa possiamo sfuggire le esperienze e i sentimenti che ci fanno paura come se non ci riguardassero, con la coscienza a posto e la convinzione di esserne totalmente immuni.

La rimozione e la proiezione nell’infanzia sono fisiologiche e hanno una funzione protettiva ma nell’età adulta segnalano un deficit nell’intelligenza emotiva perché tutelano e favoriscono l’ignoranza dei reali vissuti interiori, facendo crescere l’insensibilità e il surgelamento interiore.

Per superare questo patologico ottundimento nell’ascolto del proprio mondo interno bisogna avere coraggio e autenticità.

Accogliere la propria verità, qualunque essa sia, richiede onestà e assenza di giudizio.

Requisiti rari in un momento storico che elogia l’apparenza, la superficialità e il conformismo.

Bene” e “male” sono spesso la conseguenza di un uso indiscriminato e compulsivo di questi meccanismi di difesa e del misconoscimento di se stessi che ne consegue.

È molto facile, infatti, sentirsi nel giusto evitando di considerare la complessità delle motivazioni e delle scelte che muovono i pensieri e le azioni (nostre e degli altri).

Le guerre e la violenza poggiano sempre su valutazioni superficiali, vuote di comprensione, d’immedesimazione e di empatia.

Superata l’età infantile l’uso indiscriminato di meccanismi di difesa primitivi porta a evitare la complessità del proprio sé e rende possibile condannare con indifferenza chiunque rappresenti ciò che intacca l’immagine che abbiamo scelto d’impersonare nella vita.

La rimozione e la proiezione, indispensabili finché siamo bambini, diventano compulsive (e perciò patologiche) nella maturità, quando bisognerebbe aver conquistato la forza e le capacità necessarie ad accogliere le molteplici sfaccettature emotive e comportamentali senza pregiudizi e con sincerità 

Rimuovere e proiettare all’esterno le parti di sé considerate negative, blocca l’umanità dentro un razzismo morboso, privo di empatia e di comprensione (dapprima verso se stessi e poi verso gli altri).

Per superare questo pericoloso stato d’insensibilità e d’ignoranza, è indispensabile imparare ad accogliere anche chi si fa portavoce di ciò che non condividiamo, non consideriamo o non conosciamo, ascoltandone la verità con la sensibilità del cuore.

Naturalmente la comprensione di nuovi punti di vista è possibile solo quando la realtà interiore non ci spaventa e quando non è pericoloso condividerne la risonanza.

Ma se, nella maturità, la rimozione e la proiezione impediscono lo scambio e la conoscenza reciproca e bloccano lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, l’ascolto e la condivisione di ciò che giudichiamo “diverso” diventano impossibili.

L’omofobia prende forma dal mancato riconoscimento in se stessi delle diverse possibilità espressive della sessualità.

Come Freud ha dimostrato, ormai più di un secolo fa, veniamo al mondo dotati di una sessualità poliedrica e multiforme e, soltanto in seguito alla pressione della società, la naturale bisessualità umana s’indirizza in una scelta di genere prestabilita.

Le preferenze sessuali sono mutevoli e variegate, nessuna è migliore di un’altra ma tutte esprimono l’amore nelle sue infinite possibilità.

La nostra società, però, ha relegato i sentimenti dentro il confine della stupidità e, deridendo la sensibilità, esalta la freddezza, il distacco e l’impassibilità e scinde la sessualità dall’amore rendendola uno strumento di controllo invece che la naturale espressione dell’affetto e della creatività di coppia.

La pretesa di stabilire regole e modi in cui la sessualità deve essere espressa dimentica che l’amore e la creatività non possono essere circoscritti dentro un range di comportamenti stereotipati.

Nasce da queste limitazioni la fobia per le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.

Cresce nella paura di scoprire dentro di sé un analogo modo di essere e di vivere il sesso e l’affettività.

Si sviluppa nel terrore dell’emarginazione e della derisione.

E provoca a sua volta emarginazione e derisione.

Quando non siamo capaci di accogliere una realtà diversa dalla nostra, la sensibilità e la comprensione empatica non possono svilupparsi e si va incontro a un blocco nell’intelligenza emotiva.

L’omofobia è l’espressione di un basso Q.I. emotivo, segnala la paura di scoprirsi diversi e una pericolosa perdita di autonomia.

Tutto ciò che non siamo capaci di accettare, infatti, ci costringe a sfuggirlo, imponendo un limite alla libertà personale.

La nostra società esige una sessualità preconfezionata e prevedibile perché, solo così è possibile incasellarla in uno schema, bloccandone l’energia creativa e indipendente.

I sentimenti non possono essere circoscritti a modelli stereotipati, esprimono l’autonomia e la creatività del cuore e manifestano la sua libertà.

L’amore non è normale.

È vero.

L’omofobia pretende d’incasellare il sesso dentro un cliché prestabilito e perciò antitetico e incompatibile con l’amore stesso.

Chi vive con paura l’omosessualità e condanna le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, coltiva in se stesso una pericolosa rimozione della sessualità e impedisce all’amore di manifestarsi nella propria vita.

Carla Sale Musio

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