ADOLESCENTI SENZA PADRE

Capita, a volte, che il padre non ci sia e che la madre debba svolgere da sola il ruolo di entrambi i genitori, nel tentativo di compensare l’assenza della figura paterna.

Le ragioni di questa mancanza possono essere innumerevoli:

  • può succedere perché il papà lavora fuori ed è fisicamente poco presente nella vita familiare

  • perché ha una patologia che lo obbliga a lunghi ricoveri

  • perché è in carcere

  • perché se n’è andato disinteressandosi dei figli

  • perché è morto

Qualunque siano i motivi dell’assenza paterna, la madre si troverà a occuparsi da sola della crescita dei figli e il carico delle responsabilità (materne e paterne) con molta probabilità la renderà insicura nel valutare, di volta in volta, le soluzioni educative più adatte ai suoi bambini.

Inoltre, nonostante l’impegno, nessuna mamma può sostituire un genitore assente e, purtroppo, il vuoto, lasciato da chi è andato via, ha inevitabilmente delle ripercussioni sulla vita dei figli.

In queste situazioni avviene spesso che, durante l’adolescenza, il figlio maschio metta in atto comportamenti provocatori e trasgressivi, quasi una sorta di caricatura di tratti coraggiosi e mascolini stereotipati.

L’assenza di un genitore è vissuta dai bambini come una mancanza d’interesse nei loro confronti e, quanto più sono piccoli, più tendono a interpretarla come una inadeguatezza personale.

“Se papà se n’è andato significa che io non sono sufficientemente importante perché resti”

È il pensiero ricorrente in casi come questi.

L’egocentrismo, fisiologico nei primi anni di vita, porta a sentirsi al centro di tutti gli eventi.

Perciò, nel pensiero dei piccoli, se il papà non c’è più dev’essere senz’altro conseguenza delle loro scarse capacità e qualità.

Si forma così la convinzione di valere poco e di non meritare le attenzioni, il rispetto e la stima.

I bambini che vivono l’abbandono da parte di un genitore devono fare i conti con una ferita nella fiducia in se stessi.

Ferita che mostrerà i suoi effetti soprattutto durante l’adolescenza.

Infatti, l’idea di non essere abbastanza importanti per essere amati impregna insidiosamente l’autostima facendoli sentire sempre incapaci, anche davanti ai successi.

L’indifferenza di un genitore segna profondamente la fiducia nelle proprie capacità.

È come se questi ragazzi avessero un segno infamante tatuato nell’anima e, nel tentativo di cancellare quel dolore, sviluppano un insaziabile bisogno di conferme e approvazione.

Così, per soddisfare il desiderio di riconoscimento, nel periodo dell’adolescenza, quando la necessità di autonomia spinge a definire una propria fisionomia e a differenziarsi dalla famiglia, succede spesso che assumano atteggiamenti polemici e contestatori.

La protesta e l’autoaffermazione sono le qualità maschili che questi ragazzi cercano avidamente dentro di sé per costruire un’identità cui sentono di non aver diritto, e che simulano esasperatamente nel tentativo di colmare l’insicurezza che invece li attanaglia interiormente.

Il bel tenebroso, l’uomo che non deve chiedere mai, il rivoluzionario, l’anticonformista… sono tutti modelli di autonomia personale che, nel loro immaginario, si caricano di attrattive e di significato e raccontano tra le righe, la solitudine e l’abbandono vissuti da bambini.

Si tratta di modelli maschili stereotipati, grazie ai quali cercano di fabbricarsi un’identità e un ruolo con cui proporsi agli altri ed esibire, finalmente, quella sicurezza in se stessi tanto desiderata e mai vissuta.

In questi casi è molto difficile intervenire per aiutarli a esprimere le proprie fragilità insieme al nascente bisogno di libertà.

Infatti, l’adolescenza spinge a provare le proprie forze e a cimentarsi con la vita senza l’aiuto della famiglia, e il desiderio di essere valorizzati e riconosciuti porta a ricercare l’approvazione soprattutto dentro il gruppo di riferimento (di solito il gruppo dei coetanei ma a volte anche gruppi emarginati dalla società).

La contestazione e la ribellione diventano una bandiera che sancisce la maturità mentre l’indipendenza li spinge a sfuggire qualunque proposta, suggerimento o dialogo con il mondo degli adulti (familiari, scuola, ecc.).

Per paura di non riuscire a conquistare con le proprie forze l’autonomia tanto agognata, questi ragazzi esibiscono una facciata di superiorità o di indifferenza che nasconde abilmente, spesso anche a loro stessi, la paura di non trovare il proprio posto nella vita.

La mancanza di un modello maschile con cui familiarizzarsi e poi confrontarsi, li porta a ritagliare la propria identità come se fosse un puzzle, assemblando i pezzi sparsi di una virilità esasperata appresa dai film, dalle pubblicità e dalla cronaca.

Manifestano in questo modo un’identità maschile rigida e priva di sentimenti, di cui accentuano i tratti trasformandosi in una sorta di super macho senza scrupoli e senza paura.

In questi casi può essere estremamente utile supportare lo strutturarsi dell’identità e dell’autostima con l’aiuto di un educatore professionale che affianchi i ragazzi nella quotidianità e li aiuti a costruire un modello di virilità più aperto all’ascolto dei sentimenti e capace di gestire la propria sensibilità insieme alla forza.

Infatti, un uomo giovane, non troppo distante dalla loro età, costituisce un punto di riferimento importante, alternativo alla figura paterna; quasi un fratello maggiore capace di mostrare, insieme ai comportamenti indipendenti, quell’affettività maschile che è mancata durante l’infanzia.

La figura dell’educatore professionale è indispensabile nelle situazioni in cui, per poter aiutare efficacemente i ragazzi, è necessaria una grande capacità di mettersi in gioco unita ad altrettanto grandi competenze professionali.

La presenza di una figura maschile di riferimento, non appartenente alla famiglia e preparata nel sostenere l’autostima e l’autonomia, è un supporto prezioso e capace di fare miracoli.

Tuttavia, perché questo lavoro sia efficace e non si trasformi in un’altra deludente ferita narcisistica, è importante che duri nel tempo e gli incontri siano cadenzati e costanti (di solito, non meno di una volta alla settimana per almeno uno o due anni).

Solo così diventa possibile stabilire il rapporto di continuità necessario a ottenere la fiducia di chi ha già vissuto un abbandono e ha perso la speranza nella stabilità delle relazioni affettive.

Carla Sale Musio

Ultimi commenti

2 commenti su “ADOLESCENTI SENZA PADRE

  1. Buongiorno
    Trovo il suo articolo molto vicino all’atteggiamento di mio figlio di 17 anni. Potrebbe consigliarmi un educatore a Cagliari?
    Grazie

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