MA PERCHE’ ANDARE DALLO PSICOLOGO COSTA UN SACCO DI SOLDI?

Ecco una domanda che io stessa mi sono posta quando, ancora ragazzina, andai per la prima volta da uno psicologo.

Allora di psicologi in Italia non ce n’erano molti.

E quelli che c’erano erano solo a pagamento. Salato.

I miei genitori per curare la mia insopprimibile ribellione adolescenziale spendevano tanti soldi e, nonostante quelle chiacchierate mi piacessero moltissimo, io mi sentivo terribilmente in colpa per i costi che giudicavo esagerati.

È stato solo dopo essere approdata dall’altra parte della scrivania che ho potuto rendermi conto del perché le parcelle di uno psicoterapeuta siano così alte.

Eccovi qui di seguito un breve resoconto delle spese che uno psicologo serio deve sostenere:

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1) Lo psicologo non è mai preparato a fare quello che deve fare.

Per quanto abbia studiato… ogni persona è diversa e le varie scuole e teorie possono fornire solo delle indicazioni molto generali.

Perciò, quando nel tuo ufficio arriva il sig. Pistis (con la sua vita, i suoi problemi e i suoi sintomi) lo studio e le esperienze che hai maturato ti orientano… ma non ti forniscono nessuna mappa e nessuna guida!

Ogni psicologo deve fare costantemente i conti con una sensazione di inadeguatezza cronica che si allenta soltanto quando come un sarto avrà cucito il suo intervento sulle misure specifiche del sig. Pistis e lui lo avrà indossato sentendocisi bene, comodo e a suo agio.

Naturalmente, questo stato di glamour difficilmente si realizza al primo colpo, perciò lo psicologo deve sempre scucire e ricucire quello che fa, fino a individuare la linea e il modello capaci di far sentire il sig. Pistis… proprio un figurino!

A quel punto, però, il lavoro è terminato e si ricomincia daccapo a vivere la sensazione di inadeguatezza, questa volta con il sig. Angius. Che avrà misure e gusti completamente diversi dal sig. Pistis.

Il vissuto di incapacità cronica fa parte del nostro mestiere e ci costringe a studiare e a formarci in continuazione, nel tentativo di arginarlo almeno un poco.

Le scuole di formazione costano parecchio.

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2) L’ambiente in cui uno psicologo lavora fa parte della cura.

Cioè deve essere: riservato, silenzioso, ordinato e accogliente, tanto da permettere a una persona sconosciuta di aprirsi e raccontare le sue cose più intime, proprio come se parlasse con un caro amico (che, in questo, caso non conosce e non ha mai visto prima). E tutto deve succedere nello spazio di sessanta minuti circa.

Se fai lo psicologo, in un ora il tuo paziente dovrà dirti: chi è, cosa fa, cosa prova, cosa gli è successo e come ha reagito.

Mentre tu dovrai dirgli qualcosa che gli permetta di sentirsi meglio e di tornare a casa con degli strumenti in più.

L’ambiente di lavoro perciò è fondamentale per favorire la concentrazione, l’attenzione, la confidenza e la sensibilità sia del paziente che dello psicologo.

Non penso che per ottenere questo ci sia bisogno di arredi firmati e costosi ma, certamente, occorre un luogo fisico silenzioso, asciutto, sufficientemente illuminato, pulito, senza odori forti, tiepido d’inverno e ombreggiato d’estate.

Tutto questo ha un costo.

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3) Quando lo psicologo non si sente bene non può lavorare.

E non parlo di un raffreddore o di un’influenza.

Quelle sono cose che capitano senza creare grosse difficoltà, al massimo qualche giorno di assenza.

Mi riferisco ai casini che mettono K.O. il sistema emotivo.

Lo psicologo serio per lavorare deve dimenticarsi di se stesso e concentrarsi totalmente sulla vita e gli eventi di un altro.

Non può distrarsi pensando che ha litigato con sua moglie, che la mamma è ricoverata in ospedale, che il bambino deve andare a ripetizioni altrimenti rischia di perdere l’anno…

Cose del genere devono essere lasciate fuori dallo studio e riprese soltanto al termine della giornata lavorativa.

Quando le persone soffrono hanno una pelle in meno…e si accorgono subito della disattenzione di chi dovrebbe aiutarle.

Le persone sensibili vivono la distrazione del terapeuta come una loro difficoltà e si chiudono, rendendo inefficace l’intervento e aggiungendo un’altra delusione alla lista dei loro guai (di solito già molto lunga).

Perciò, per fare bene il mestiere di psicologo non è possibile vedere tante persone tutti i giorni.

Altrimenti quell’attenzione totale e partecipe comincia a svanire e la possibilità di essere d’aiuto sparisce.

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4) Le emozioni sono contagiose.

Se provate a stare in compagnia di una persona ansiosa dopo un po’ inizierete anche voi a sentirvi in ansia, mentre dopo aver trascorso del tempo con una persona depressa le cose cominciano a perdere di interesse e le motivazioni si smorzano.

Al contrario, stare insieme a persone allegre mette di buon umore e condividere l’entusiasmo rende esuberanti e propositivi.

Passare ore e ore immersi in esperienze cariche di dolore e sofferenza, rattrista l’anima e sposta il barometro delle emozioni verso la depressione.

Ogni psicologo ha un suo tetto massimo di tolleranza al contagio emotivo, e non può superarlo senza essere sopraffatto dai malesseri psicologici.

Per questo motivo uno psicologo serio non può incontrare più di quattro o cinque pazienti ogni giorno e svolgere con loro un lavoro efficace.

Nel nostro mestiere è necessario dosare attentamente i carichi di lavoro, selezionando situazioni diverse per gravità e sofferenza.

Se si supera una certa soglia il dottore si ammala e non può curare più nessuno.

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5) Ci vuole molto tempo per ogni persona.

Ogni persona ha bisogno di ricevere la giusta attenzione e dedizione.

Ci vuole un tempo in cui favorire la condivisione e il racconto delle esperienze difficili e un tempo in cui stimolare la scoperta di nuovi punti di vista.

Poi ci vuole un tempo per raccogliere dei dati concreti e un tempo per stabilire insieme un piano di intervento.

Per fare tutto questo serve almeno un’ora.

Ma quando il paziente è andato via occorre anche un tempo in cui abbandonare i suoi vissuti e le sue esperienze e fare tabula rasa di tutto, per accogliere una persona diversa con una storia diversa ed esperienze diverse.

Uno psicologo dedica moto tempo a ogni persona.

E, al contrario di altri professionisti non può frazionare i suoi guadagni sulla quantità.

Deve offrire sempre un lavoro individuale e di qualità.

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6) Lo psicologo deve andare dallo psicologo.

Dopo aver passato quattro o cinque ore ogni giorno ascoltando storie di dolore inciampare su qualche problema personale fa tracimare immediatamente il sistema emotivo.

In più, in periodi di super lavoro il contagio psichico può provocare vissuti di inadeguatezza che si sommano alla sensazione di inidoneità cronica, connaturata la nostro mestiere, aggravandola.

Ecco quindi che anche noi, periodicamente, ci rivolgiamo a qualche collega per ricevere da lui le stesse cure che prodighiamo ai nostri clienti.

Sono convinta che stare dall’altra parte della scrivania aiuti gli psicologi a sentirsi più vicini ai loro pazienti e favorisca la condivisione dei vissuti emotivi.

Naturalmente le sedute di psicoterapia costano.

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In conclusione

Se vi guardate intorno potrete verificare che nessuno è mai diventato ricco facendo lo psicologo!

I costi che dobbiamo sostenere per svolgere bene la nostra professione sono alti e il tempo in cui possiamo lavorare per guadagnare è poco.

Il nostro mestiere è affascinante e bellissimo ma ciò che ne motiva la scelta è solamente l’emozione che si prova nel vedere un altro riprendere a stare bene, non certo la prospettiva di lauti guadagni.

Carla Sale Musio

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