MORTE E SOGGETTIVITÀ

MORTE E SOGGETTIVITÀ

La percezione del cuore è un criterio d’interpretazione degli eventi che di solito non consideriamo importante perché utilizza parametri soggettivi.

Tutti quanti adoperiamo la soggettività per valutare le cose che ci capitano.

Ma in genere lo facciamo senza rendercene conto.

Perciò, mentre siamo sempre molto soggettivi pensiamo di essere totalmente oggettivi.

L’errore sta nel credere che ci sia una realtà… che esiste al di fuori di noi.

Be’… anche ammesso che questo presupposto fosse vero… nessuno potrà mai verificarlo!

Perché possiamo conoscere la realtà soltanto attraverso noi stessi.

Infatti, senza un “me” che legge il mondo non potrò mai sapere se il mondo esiste ancora.

Sono sempre io che interpreto quello che succede.

Sono io che percepisco, giudico e valuto.

La soggettività permea costantemente la comprensione che abbiamo della vita.

Anche se preferiamo credere in qualcosa di assolutamente oggettivo e  posto al di fuori di noi.

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LE ESPERIENZE SOGGETTIVE SONO REALI

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Di solito quest’affermazione non piace.

Tutto ciò che è soggettivo è giudicato immaginario, inesistente, poco attendibile.

Ecco perché è difficile parlare della morte.

La morte è un’esperienza che parla alla soggettività.

Ci rende bruscamente consapevoli della percezione del cuore.

Soprattutto la morte di chi abbiamo amato.

Non siamo preparati a credere alla soggettività e la giudichiamo illusoria.

MORTE E SOGGETTIVITÀ

La morte riacutizza il conflitto col cuore.

Di colpo.

Quando muore qualcuno che ci è stato caro la soggettività non può più essere ignorata.

Il dolore ci obbliga.

Il cuore parla.

In quei momenti tocchiamo con mano l’intensità dei legami.

La loro prepotente realtà.

Immateriale.

L’unione è un ponte.

Ci fa sentire l’altro senza bisogno della fisicità.

Possiamo avere accanto quella presenza familiare… anche quando il corpo non c’è più.

Basta lasciar andare la paura e permettere alla soggettività di raccontare la sua realtà.

L’abbiamo sempre saputo.

Il cuore non è normale.

È vero.

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