CIBI METADONE: la transizione verso un nuovo modo di pensare


Decidere di cambiare il proprio modo di mangiare è un’impresa molto difficile.

Nella società del benessere il cibo è una droga potente che provoca una forte dipendenza psicologica e fisica.

Per questo, anche il solo pensare di limitarne l’assunzione genera dolorose crisi di astinenza e malesseri di ogni tipo.

Solitamente quello che riusciamo a fare, armati dal desiderio di migliorare la salute, è modificare temporaneamente il nostro menù per poi tornare rapidamente alle abitudini di sempre, scoraggiati e delusi dall’instabilità dei cambiamenti ottenuti.

C’è qualcosa di misterioso e inesorabile che spinge a riprendere le cattive abitudini alimentari, lasciando dentro la sensazione che rinunciare ai piatti della tradizione sia impossibile e addirittura dannoso.

È come se il cervello fosse programmato a non riconoscere i cambiamenti positivi che riguardano la nutrizione, e a interpretare come segnali di pericolo gli effetti della disintossicazione dalle sostanze dannose che abbiamo ingerito nel corso della vita.

L’astinenza dai veleni alimentari, infatti, provoca nella psiche emozioni discordanti: ansia, euforia, paura, provocazione, insicurezza, orgoglio, nervosismo, rabbia, fragilità, disagio, ostinazione, chiusura, sfida, arroganza…

Nel mondo interno si agitano vissuti mutevoli, che confondono l’identità e ci fanno sentire pericolosamente incoerenti.

Un disagio crescente accompagna i cambiamenti alimentari e può diventare così insopportabile da spingerci a sfuggire il conflitto interiore, fino a credere che la tossicità esprima un bisogno di nutrimento invece che una pericolosa dipendenza.

Assaporare i piatti di sempre, anche se composti principalmente di sostanze dannose, ristabilisce la pace interiore e mette fine alle crisi, spingendoci verso considerazioni ad hoc volte a terminare rapidamente l’esperienza di cambiamento.

“Devo bere del vino perché mi accorgo che mi fa bene!”

“Ho bisogno di mangiare un po’ di zucchero altrimenti mi sento male!”

“Il caffè ha un effetto benefico sulla pressione e per me è indispensabile!”

L’effetto di questi convincimenti è di consolidare la dipendenza, incrementando i guadagni delle case farmaceutiche e delle multinazionali alimentari.

Abbiamo i farmaci per digerire, i cibi che non fanno ingrassare, le pastiglie per contrastare l’acidosi e i piatti pronti… senza conservanti!

Le trovate della pubblicità ci rassicurano, raccontandoci un mondo fatto apposta per spingerci a comprare incuranti dei danni che infliggiamo al corpo (e al pianeta).

Tutto è architettato apposta per garantire all’economia uno sviluppo in aumento e poco importa se, per raggiungere questo traguardo, occorre sacrificare il benessere e la salute!

Il popolo dei consumatori non deve essere in forma, ma rincorrere il miraggio di una felicità fatta di acquisti effimeri subito rimpiazzati da nuovi status… in un crescendo che, come unico scopo, ha il guadagno di pochi e la docile arrendevolezza di molti.

Il vigore e l’intelligenza non sono funzionali al perseguimento di questi obiettivi.

Per soddisfare le crescenti esigenze del mercato, i nostri pasti sono diventati poveri di nutrienti e ricchi di sostanze che creano una pericolosa bulimia, lontana dalle reali esigenze dell’organismo ma funzionale all’incremento delle vendite.

Liberarsi da questa dipendenza è quasi impossibile e, per riuscirci, bisogna fare i conti con la sgradevole sensazione di perdere tempo senza avvertire alcun miglioramento.

Il benessere è la conseguenza di una profonda disintossicazione.

Per raggiungerla è necessario abbandonare i cibi che avvelenano il fisico e che stimolano bisogni compulsivi e innaturali.

Cioè: quasi tutte le cose “buone” che amiamo mangiare spesso e condividere nei momenti di festa.

Questa dolorosa rinuncia fa apparire il percorso verso la salute: una via solitaria, fatta di privazioni, abnegazione e ascetismo.

Come succede per tutte le dipendenze, anche solo l’idea del cambiamento mette in allarme la psiche e, per riuscire a conquistare la libertà, è necessario prevedere dei passaggi graduali, capaci di condurci ad abbandonare gli alimenti tossici in favore di scelte più rispettose della vita (nostra e di tutti gli esseri viventi).

Questa transizione consente al corpo di abituarsi alla mancanza delle sostanze nocive e risulta meno traumatica per il bambino interiore.

In pratica si tratta di sostituire gli alimenti dannosi con altri simili nel sapore, nella consistenza e negli aspetti emozionali, ma progressivamente meno malsani, in modo da abituare l’organismo a scelte più salutari, evitando di fargli vivere troppe privazioni.

I cibi metadone sono cibi capaci di emozionarci, di sfamarci e di gratificarci senza avvelenare il fisico, ma insegnandoci gradualmente a tollerare la leggerezza della salute.

I veleni alimentari, infatti, regalano una piacevole sensazione di stordimento e una pesantezza digestiva (impropriamente confusa con il rilassamento e con la sazietà) che allontana per un po’ le preoccupazioni quotidiane, colmando il buco delle astinenze e facendoci sentire apparentemente meglio.

Una dieta salutare, invece, lascia nel corpo una frizzante sensazione di leggerezza e di vitalità, permettendo alla mente di elaborare più in fretta le informazioni e perciò anche di cogliere con lucidità la drammatica situazione del mondo.

La difficoltà ad abbandonare uno stile alimentare tossico in favore di una dieta più salutare sta proprio nella paura di quella lucidità e della consapevolezza che la accompagna.

Osservare i propri bisogni, piuttosto che stordirsi con il cibo per dimenticarli, non è facile!

Bisogna avere il coraggio di esplorare l’autenticità di se stessi.

Non tutti sono pronti a riconoscersi con onestà.

I cibi metadone ci regalano un percorso graduale che aiuta a ritrovare la semplicità e la genuinità, permettendoci di sperimentare una trasparenza che non piace al sistema economico perché ne rivela la pericolosità.

Mangiare in modo sano significa pensare in modo sano e permettersi il coraggio di cambiare le falsità che avvelenano la vita.

Carla Sale Musio

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