ABBIAMO TUTTI UNA PERSONALITÀ CREATIVA!

Abbiamo tutti una personalità creativa.

Spesso sepolta creativamente sotto strati di paure e conformismo.

Il bisogno di essere amati e benvoluti ci spinge a cercare di compiacere gli altri nel tentativo di ricevere le attenzioni e il riconoscimento indispensabili per sentirsi parte di una comunità.

Atterriamo nella vita con la certezza di essere un Tutto, inscindibilmente intrecciato e unito con ciò che ci circonda.

Ma, progressivamente, l’esperienza ci insegna a differenziarci e a distinguere il me dal tu.

Questa separazione crea il bisogno di appartenere almeno a un noi che ricomponga quell’unità così perfetta e completa al momento della nascita.

La ricerca dell’appartenenza ci porta a distinguere e a dividere le cose e le persone in gruppi, categorie, insiemi e tipologie che finiscono per frantumare ancora di più proprio quella totalità che invece stiamo cercando così affannosamente di rimettere insieme.

Sembra un errore di valutazione, eppure… la strada della crescita passa proprio attraverso questa frammentazione e si snoda lungo la consapevolezza che quel puzzle di elementi sparsi e apparentemente eterogenei, chiamato vita, compone un unico Tutto perfetto e inscindibile.

Naturalmente questa saggezza nasce da un’acquisizione interiore che può essere raggiunta solo quando è affiancata dall’esperienza e dal vissuto di accoglienza di ogni singola diversità.

Forse una vita sola non basta.

Forse la vita stessa è un frammento di quel puzzle e per vederne la complessità occorre spostarsi su dimensioni della coscienza più rarefatte e meno limitate dalla concretezza della materialità e della nostra frenetica quotidianità.

Forse.

Forse questo percorso ognuno lo deve svolgere da sé, ascoltando il suo cuore e la sua intelligenza e mettendo in armonia due stili di conoscenza che altrimenti si dichiarano guerra.

Abbiamo tutti la possibilità di sperimentare quello che ci succede utilizzando due modi diversi, e spesso antitetici, di interpretare la realtà.

Una è la via del cuore, fatta di emozioni, di sentimenti, di sensibilità e di passione.

L’altra è la via della ragione, fatta di studio, di analisi, di logica e di tempo.

Queste due differenti possibilità di leggere il mondo dipendono dai software nel nostro cervello e corrispondono alle modalità di funzionamento dei suoi due emisferi, destro e sinistro.

L’emisfero destro del cervello, infatti, ci conduce spontaneamente alla sintesi, vive fuori del tempo in un eterno e immutabile adesso e conosce le cose grazie all’intuizione e a un imprevedibile e repentino presentarsi delle risposte. Utilizza il ritmo, l’immagine, la bellezza e l’emotività.

L’emisfero sinistro del cervello, invece, è capace di catalogare, selezionare, scomporre e comprendere, usando le sequenze e la logica. Vive in uno scorrere del tempo fatto di passato, presente e futuro. Formula ipotesi che verifica basandosi sull’esperienza e sull’analisi degli errori.

Alla nascita ancora non sappiamo come usare il nostro computer cerebrale e la comprensione degli eventi attinge da queste due modalità, alternativamente e imprevedibilmente.

Con la crescita dobbiamo imparare ad armonizzarle tra loro e l’inesperienza spesso ci provoca momenti di grande confusione e dolore.

(Mentre la mamma sta preparando la pappa, per esempio, la fame può trasformarsi in un morso eterno che contorce lo stomaco in spasmi di dolore infiniti, o essere un momentaneo stato di attesa trepidante e partecipe. Dipende da quale dei due emisferi avrà la meglio nella lettura della realtà.)

Il nostro compito, come esseri umani, è quello di mettere insieme queste due diverse modalità percettive, armonizzandole tra loro e rendendole funzionali allo svolgimento della nostra missione nel mondo.

Tuttavia, questo compito è complicato ulteriormente da una società che tende a privilegiare l’emisfero sinistro rispetto a quello destro fino a decretarne la dittatura all’interno del cervello.

Questo comporta inevitabilmente una perdita dell’affettività, della sensibilità, dell’intuizione, dell’istintualità e di tutte le funzionalità che competono all’emisfero destro.

È così che la personalità creativa devia dal suo naturale percorso evolutivo e comincia a utilizzare la propria creatività per difendersi e per nascondersi, provocando tanta sofferenza nelle persone e nel mondo.

Incarcerato nelle segrete dell’inconscio, il funzionamento dell’emisfero destro aspetta (nel suo eterno sempre) di essere reintegrato nella consapevolezza della nostra autenticità.

Tutti abbiamo una personalità creativa e due emisferi, destro e sinistro, capaci di collaborare tra loro per aiutarci a vivere la nostra personale avventura nel mondo.

Quando amputiamo arbitrariamente metà della conoscenza e della verità, camminiamo zoppi nella vita e impediamo alla creatività individuale di dispiegare il suo disegno e i suoi colori nel puzzle infinito della totalità.

Avere una personalità creativa significa, perciò, incontrare la complessità del nostro modo di conoscere il mondo e sperimentarne la verità.

Significa accogliere la simultaneità della via emotiva e della via razionale, intrecciandole e armonizzandole tra loro in un’unica conoscenza e permettendo alla molteplicità che ci caratterizza di attraversare la confusione e la paura per mostrarci la sua peculiare espressione individuale.

“Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante” (F. Nietzsche).

La personalità creativa può brillare nel cielo delle possibilità infinite o aspettare in eterno la sua liberazione ma, nella Totalità in cui ogni cosa ha un posto, risplende da sempre il disegno della sua verità.

Sta a noi permetterne il dispiegarsi nel tessuto della vita o nasconderne le potenzialità dentro lo scorrere routinario degli eventi.

Carla Sale Musio

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